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L'unione sarda. La Barbagia chiude le frontiere

«Coppie di immigrati? Facciamo tornare i nostri giovani»

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C'è chi, come il sindaco di Orgosolo, chiede con stupore: «Ma, scusi, stiamo parlando di fattrici?». Chi, come il primo cittadino di Dorgali, sentenzia: «Ritengo sia un'autentica fesseria». E chi, invece, dice che sì, la situazione delle zone interne - messe in ginocchio dallo spopolamento - è davvero grave e perciò occorre trovare subito un rimedio. Dopo l'intervento del professor Giuseppe Pulina, docente dell'Università di Sassari - che sul nostro giornale ha dichiarato: «Entro il 2050, nell'arco di dieci anni, è necessario accogliere 15 mila coppie fertili di immigrati che devono poter contare su un progetto di vita, a cominciare dalla cittadinanza italiana per i loro figli» - gli amministratori dei centri della provincia di Nuoro sono caduti dalla poltrona.
I NOSTRI GIOVANI «Per carità, io non sono contrario all'accoglienza di chi viene da fuori per costruirsi una nuova vita. Ma credo che prima dobbiamo fare in modo che rientrino i nostri giovani». Dionigi Deledda è il sindaco di Orgosolo , 4500 abitanti, meno 50 rispetto allo scorso anno. Questione di saldo naturale (nati-morti) negativo. «È vero che - conferma l'amministratore - questo rapporto è a nostro sfavore visto che non nascono moltissimi bambini. Ma, allora, perché non incentivare i nostri giovani emigrati a tornare in paese e a costruire qui la loro famiglia? Bisogna creare servizi, infrastrutture, occasioni di lavoro che spingano i ragazzi a fare questa scelta. Il professor Pulina dice che ci sono i soldi per far arrivare migliaia di immigrati qui da noi? E allora mi chiedo: se il progetto è valido e vale per gli altri, non può essere applicato invece ai nostri giovani?».
I FONDI EUROPEI I soldi, aveva spiegato nel suo intervento Giuseppe Pulina, sono quelli dei fondi europei e in particolare le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione che potranno essere spesi dal 2014. «La Sardegna - ha sottolineato il docente dell'Università di Sassari - ha l'occasione storica di avviare per prima un progetto di questo tipo e gestire un flusso immigratorio che può rivitalizzare una società che sta morendo». Si è parlato anche di questi argomenti, ieri pomeriggio a Lodine, durante il convegno in tema di sviluppo delle zone interne organizzato dalle associazioni “Enrico Berlinguer” e “Nino Carrus”, da Confindustria e Università. «Io dico che prima dobbiamo pensare ai progetti che diano speranza ai nostri giovani». Angelo Carta, sindaco di Dorgali , 8650 abitanti, bolla come «una fesseria» l'idea del professor Pulina. «Il mio paese è aperto all'accoglienza: ci sono famiglie di rumeni, senegalesi e marocchini che si sono bene inserite. Ma - sottolinea - un conto è credere nell'integrazione, un altro è programmare l'arrivo di migliaia di immigrati. È un abdicare alla nostra cultura. Non so se tra 150 anni saremo destinati a essere musulmani; ma programmare di annullare l'identità sarda coi fondi europei... mi pare una cosa folle. Ora, il mio paese ha la fortuna di poter contare su diverse opzioni: l'artigianato, il turismo, la pastorizia, l'ambiente...». Già, però ci sono giovani disoccupati come ovunque. «Vero, per questo dico ai ragazzi: imparate un mestiere. A noi sindaci spetta avere una visione, una strategia per creare occasioni di sviluppo. Anche cercando alleanze coi paesi vicini». Appunto, basta vedere com'è finito il Progetto Supramonte che era stato pensato coi comuni dei dintorni. «È miseramente fallito per colpa della nostra idiozia - avverte Angelo Carta -. Per questo ora, con altri progetti, vado avanti per la mia strada, perché ad aspettare chi non si decide non si combina niente». La scuola, l'ospedale, i servizi. Il sindaco di Desulo Gigi Littarru crede che l'unico modo per rivitalizzare i paesi come il suo (2470 abitanti) sia legato alle politiche per la montagna.
LO SVANTAGGIO «È tutto inutile se chi risiede qui non viene messo in condizioni di vivere bene. Invece - puntualizza - viviamo in una situazione di svantaggio». Il primo cittadino di Bolotana (3 mila abitanti, 40 famiglie marocchine) Francesco Manconi sottolinea il presupposto di cui pochi, tra gli amministratori, tengono conto. «Lo spopolamento è un tumore maligno, una metastasi che la Regione e il Governo hanno sempre sottovalutato. È vero che se si continua così le zone interne moriranno; ma il problema è che manca il lavoro. Pensare di poter risolvere tutto accogliendo migliaia di famiglie di immigrati mi sembra azzardato. Occorre sedersi attorno a un tavolo e ragionare perché il rischio, in tempi di crisi, è innescare una forte conflittualità». Anche per il primo cittadino di Bitti Giuseppe Ciccolini l'analisi del professor Pulina è giusta ma «le risposte le vedo più legate a politiche di coesione sociale che di sviluppo; potrebbero, insomma, arginare lo spopolamento ma non la crisi economica». Negli ultimi 40 anni, il numero dei residenti del suo paese si è letteralmente dimezzato. «Oggi siamo 3 mila, con un centinaio di immigrati. L'integrazione è già una realtà».
Piera Serusi

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