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L'unione sarda. I precari bruciano le loro schede

PROTESTA. Il clamoroso gesto degli ex dipendenti Csl e Cesil davanti alla Regione

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Hanno scelto di «sacrificare» il diritto al voto, incendiando i certificati elettorali, per continuare a difendere il loro lavoro. Ieri mattina alcuni degli oltre 350 operatori dei Csl e Cesil, accampati dal 28 gennaio scorso sotto il palazzo della Regione di viale Trento, hanno preso un accendino e bruciato, uno dopo l'altro, i loro documenti elettorali. I lavoratori continuano a protestare con il volto coperto da maschere bianche perché si sentono come «fantasmi» della pubblica amministrazione.
Quella messa in atto ieri è l'ennesima e clamorosa forma di contestazione che si aggiunge a sit-in, manifestazioni davanti alla Regione, alla Prefettura e a Villa Devoto, e all'occupazione temporanea della Torre dell'Elefante promossa da alcuni operatori che, sabato pomeriggio, sono saliti in cima al monumento, per piazzare un paio di striscioni.
Sono stanchi e amareggiati dopo rassicurazioni e promesse, finora non mantenute, avute negli incontri del 19 febbraio scorso con i capigruppo, con la presidente del Consiglio regionale e con i rappresentanti della Prefettura. I lavoratori avevano affidato le loro speranze alla legge approvata dal Consiglio regionale il 7 febbraio scorso. La norma avrebbe consentito loro di ottenere una proroga dei servizi fino al prossimo 31 dicembre.
A mettere in dubbio la ripresa lavorativa è però bastata la delibera votata nell'ultima riunione della Giunta regionale, che stabilisce l'istituzione di un tavolo tecnico. Operatori ed esponenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil Temp hanno definito quest'ultimo documento come l'ennesimo atto per rimandare una decisione definitiva sulla conclusione della vertenza. Alessandra Fantinel, operatrice del Cesil di San Gavino, che fino allo scorso 31 dicembre lavorava anche in quello di Carbonia, spiega che il presidio rimarrà attivo. «Non ci arrendiamo».
Eleonora Bullegas

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