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L'unione sarda. «Adesso il rimpasto in Giunta»

Attesa e sorpresa in casa Pdl: non ce l'aspettavamo

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Sarà perché nessuno si aspettava che anche questa volta «il perfetto venditore» avrebbe convinto gli italiani, sarà perché all'interno del partito hanno sposato in pieno la filosofia hobbesiana dell' homo homini lupus , fatto sta che i candidati sardi del Pdl hanno seguito la conta dei voti ognuno a casa propria. Sedi chiuse, nessuna situazione conviviale, al massimo la compagnia dei familiari e dei collaboratori stretti, dicono che erano in contatto telefonico e via Internet, pensavano al futuro prossimo che li aspetta (parlamentare o trombato?) e rimuginavano, questo sì in sintonia, che ora non si può certo rinviare un bel rimpasto in Giunta.
IL COORDINATORE Nonostante rispetto a cinque anni fa sia stato un bagno di sangue, Settimo Nizzi, coordinatore regionale azzurro, deputato uscente e candidato a Montecitorio (primo dei non eletti) è euforico. Risponde dalla sua città, Olbia, parla strano perché sta «sgranocchiando patatine» e dice: «Gli amici sono di malumore? Io invece sono contento». Il Popolo delle Libertà nell'Isola ha preso alla Camera circa 188 mila voti (il 20,36 per cento) nel 2008 erano oltre 421 mila (43 per cento), l'intera coalizione di centrodestra (Fratelli d'Italia e altri cinque piccoli movimenti) è a quota 219 mila (23,67 per cento) e, insomma, è impossibile che Nizzi riottenga il seggio. Ma non sembra preoccupato. «Abbiamo fatto un figurone al Senato», spiega. Sono 187 mila 187 voti (poco meno del 22 per cento) e pazienza se alle scorse Politiche erano 384 mila. «Alla Camera ce la stiamo ancora giocando, mi tocco, perché non voglio essere un portasfiga». La sua lettura è semplice: «Non lo avrei mai detto che avremmo raggiunto questi risultati, quando abbiamo iniziato eravamo troppo lontani da quelli lì, solo al 12 per cento». E invece? «E invece è tutto merito del presidente, è troppo forte, solo lui può fare cose del genere, con la sua bravura ha fatto capire alla gente che se vota noi si salva, se vota per quelli lì moriamo tutti». Va avanti, su di giri: «Gli unici che ho sentito sono Emilio, Mauro e Vella. Ma intendiamoci, io vado d'accordo con tutti, non penso certo a fare la guerra. Però adesso bisogna fare un patto di fine legislatura, serrare le fila intorno alla maggioranza, chi ci sta bene, altrimenti addio, bisogna dare risposte ai cittadini, da questo voto emerge la protesta dei sardi, evidentemente la classe dirigente non è stata capace di risolvere i problemi».
LA CAUTELA Salvatore Cicu, secondo nella lista per la Camera, sceglie la cautela. «La ripresa era nell'aria, il recupero era fortissimo e bisogna prendere atto di un partito legato in maniera indissolubile al suo leader carismatico. Si pensava che fossimo spariti dal Paese, che il nostro tracollo fosse ormai arrivato, quindi c'è soddisfazione. Allo stesso tempo il dato di Grillo era evidentissimo, non ho mai visto piazze così convinte ed entusiaste». Ma avverte: «Siamo davanti a una situazione complicata, con il vento dell'anti-politica che soffia e le difficoltà oggettive di formare un Governo. Credo che ora servano regole per la stabilità e in Sardegna, dove abbiamo tenuto in maniera importante, credo ci sarà una valutazione rispetto al dato complessivo e un momento serie di verifica». Silvestro Ladu, quinto tra gli aspiranti senatori, sottolinea: «Io l'avevo detto, anche nell'ultima riunione che abbiamo fatto a Nuoro, ricordatevi che il risultato del Pdl compare al voto». Nel senso che - spiega - chi vota Berlusconi non lo racconta, lo fa e basta. Però, ammette, «al Senato mi aspettavo qualcosa di più».
DELUSIONE E SPERANZA Paolo Vella è ad Alghero e commenta: «Speravo in dati più esaltanti, ma visto che eravamo dati per morti, questo risultato getta le basi per un futuro migliore». Comunque, «non c'è niente da festeggiare, non possiamo pensare al partito o al singolo, ma al Paese, a guidarlo come si deve in questo momento di enorme crisi». Bruno Murgia, a Nuoro con moglie, figlio e alcuni amici, parla di una rimonta abbastanza inaspettata e aggiunge: «Se le liste fossero state fatte un po' meglio, avremmo preso anche qualcosa in più. La verità è che il risultato è di Silvio Berlusconi e non esiste una comunità di partito, ognuno va per sè». Emilio Floris, sicuro a Palazzo Madama, è in pizzeria al Poetto con il suo staff, «al di là del successo personale, dispiace che alcuni colleghi che si sono impegnati rimarranno fuori». Mauro Pili, riconfermato a Montecitorio, solitamente presenzialista e loquace, non risponde. Tiene soltanto il conto delle sezioni scrutinate sulla sua pagina Fb, in splendida solitudine.
Cristina Cossu

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