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La nuova sardegna. La Maddalena, i risultati dell’autopsia: il medico cadde in casa della paziente alle 6 del mattino. L’allarme solo alle 19.30

Troppo tardi per salvare il vicesindaco che morì in ospedale a Sassari

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Michele Secci, medico di base e vicesindaco della Maddalena, è morto il 13 settembre scorso, dopo un lungo quanto purtroppo tardivo intervento neurochirurgico effettuato al Santissima Annunziata di Sassari. Il sanitario, stimatissimo nell’arcipelago, era “scomparso” l’11 settembre, dopo essere rientrato alla Maddalena da Roma, dove si era recato per accompagnare la moglie. Per una intera giornata era stato cercato dal suo collaboratore, che lo aveva atteso invano nello studio medico, dalla figlia, che aveva tentato di contattarlo al telefonino, dal sindaco della Maddalena, Angelo Comiti, dai colleghi di giunta, con i quali aveva fissato il giorno precedente un appuntamento nel palazzo comunale. Soltanto nel tardo pomeriggio del 12, quando ormai i carabinieri, rilevando i segnali del cellulare, stavano per individuare la zona dove il telefonino era sistemato, venne lanciato l’allarme. Troppo tardi per salvare la vita del medico.
di Giampiero Cocco wTEMPIO L’inchiesta sulla morte di Michele Secci, il medico e vicesindaco della Maddalena morto, in circostanze misteriose, il 12 settembre scorso nell’abitazione di una sua paziente, sono quasi concluse. Il medico, stando alla perizia necroscopica disposta dal sostituto procuratore della Repubblica di Tempio Angelo Beccu (il magistrato che conduce l’indagine), sarebbe deceduto a causa del vasto ematoma cerebrale dovuto ad una caduta avvenuta all’interno dell’abitazione di Gianfranca Poggi, la paziente cinquantenne con la quale il sanitario aveva trascorso la notte. Una caduta – al momento ancora ritenuta accidentale dagli investigatori – che ha provocato la frattura della base cranica del sanitario, mandandolo in coma. Michele Secci sarebbe scivolato mentre si recava in bagno, attorno alle sei del mattino del 12 settembre, e da quel momento Gianfranca Poggi avrebbe cercato in tutti i modi – per evitare uno scandalo, come sostiene –, di ritardare di ben 13 ore i soccorsi, chiamati soltanto alle 19.30 del pomeriggio, quando si sarebbe resa conto della gravità della situazione. Da qui l’incriminazione della donna per omissione di soccorso, imputazione che potrebbe tramutarsi in omicidio colposo se, come sospettano gli investigatori, il responso dei tabulati dei cellulari della indagata e di altri due personaggi, che per il momento sono stati più volte sentiti soltanto come «persone informate dei fatti», dovessero dimostrare che sono entrati in contatto durante le tredici ore in cui l’uomo risultò irreperibile. Le diverse versioni fornite da Gianfranca Poggi, sino a quella “definitiva” nella quale ammise d’aver trascorso l’intera notte con il medico di famiglia, contrastano con le risultanze del Sis, i carabinieri delle servizio investigazioni scientifiche che hanno rivoltato come un calzino l’intero appartamentino, rilevando diverse tracce organiche e la presenza di più individui all’interno dell’abitazione. Qualcuno, sospettano gli investigatori, avrebbe aiutato la donna a rivestire il medico – il quale sarebbe caduto a terra dopo aver abbondantemente bevuto ed aver fumato, in compagnia della sua paziente, alcuni spinelli – e rimettere in ordine il piccolo appartamento. Un atteggiamento che lascia intravvedere un disegno ben diverso da quello sinora descritto dall’unica indagata. Perché si è atteso tanto per dare l’allarme, considerato che il sanitario è rimasto esanime oltre tredici ore? Il medico, prima di recarsi dalla sua paziente, aveva prelevato in banca una discreta somma di danaro, 1800 euro che non sono stati ritrovati tra gli effetti personali della vittima. Anche su questo punto gli investigatori stanno cercando di fare luce. Il caso sta per chiudersi, mancano soltanto alcune tessere da incastrare. Tessere che potrebbero portare all’incriminazione di altre due persone per concorso in omicidio colposo.

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