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L'unione sarda. Strada: non mi vedo al Quirinale, ma lo tsunami di Grillo mi è piaciuto

Il fondatore di Emergency a Cagliari: «Politici corrotti o incapaci»

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La sanità italiana come una metafora del Paese: in zona retrocessione. Da tempo. Fino agli anni '80 stabilmente in serie A, oggi molto più giù. Sembra che si parli del Catanzaro, invece è l'immagine dell'Italia, secondo un medico qualunque che di nome fa Gino Strada.
Qualcuno gli darebbe il premio Nobel per la pace, perché ha creato Emergency e cura gli ultimi del mondo. E ora c'è chi (perlopiù gente a 5 Stelle) lo vede bene come capo dello Stato. Presidente di quella Repubblica che (dice lui) «dovrebbe chiamarsi Re-privata, perché non c'è rimasto niente di pubblico». Ecco, appunto: una stessa ricetta per la sanità e per il Paese, «non mi piace un mondo regolato dal profitto e dall'egoismo di chi fa i fatti suoi, e il forte vince sul debole».
Concetti ribaditi nello scorso fine settimana in un doppio appuntamento a Cagliari, all'ospedale Brotzu e al liceo Dettori. «Al Brotzu ho incontrato molti medici», racconta Strada, «si è parlato di sanità: cos'era in Italia, cosa dovrebbe essere, soprattutto cosa è diventata».
Già: cosa è diventata?
«Faccio una premessa: l'efficienza del sistema sanitario è solo uno degli aspetti che incidono sulla salute delle persone. Pochi giorni fa un rapporto dell'Oms parlava dei determinanti sociali della salute. Lo legga, sembra scritto da Marx».
Perché, che cosa dice?
«Che le condizioni economico-sociali sono il primo fattore che incide sulla salute, a prescindere dal sistema sanitario. In Grecia ci sono già segnali di una maggiore mortalità e morbilità della popolazione».
Torniamo all'Italia. La sanità è così malmessa?
«A lungo è stata tra le migliori del mondo. Lo dicevano importanti riviste scientifiche, e si chiedevano: com'è possibile? Ma tutto è cambiato radicalmente, e oggi siamo a un bivio: o si ricrea un servizio sanitario pubblico con le caratteristiche che aveva 20-30 anni fa, o si va verso il terzo mondo».
Cosa si dovrebbe fare, per evitare il declino?
«Cacciare a calci il profitto fuori dalla sanità. Abolire la sanità regionale, venti sistemi che aumentano i costi. Cancellare gli ospedali-azienda e rompere ogni commistione tra sistema pubblico e sanità privata».
Come si fa? Le convenzioni con i privati coprono una parte rilevante dell'offerta sanitaria.
«Basta dire che, a scadenza, non le rinnoviamo. E aboliamo i rimborsi a prestazione, stabiliti dal Drg (il sistema per determinare i rimborsi, ndr ), che è una truffa. Sa quanto costa in Lombardia sostituire una valvola mitralica?»
No, quanto?
«Ventiseimila euro. Io ne ho fatte centinaia, e con la nostra organizzazione siamo molto precisi nel calcolare i costi reali. A parità di materiali, stesse ditte, sa quanto ci costa?»
No. Quanto?
«Tra i 1.600 e i 1.800 euro. Tutto il resto è profitto. Quindi non è neppure vero che puntare solo sul pubblico farebbe aumentare i costi. Libereremmo anzi 30 miliardi di euro all'anno per la ricerca, le strutture, gli stipendi degli infermieri che sono vergognosamente bassi. E per garantire una sanità uguale e gratuita, senza ticket, su tutto il territorio nazionale. Anche per gli stranieri».
Perché un miliardario deve avere la sanità gratuita come un disoccupato?
«Perché è un diritto naturale. Anche Bill Gates, se è di passaggio in Italia e ha un coccolone, dev'essere curato a prescindere».
La sanità che passa dalla serie A al terzo mondo è una metafora dell'Italia intera?
«Altroché. Cosa è rimasto di pubblico? Vale solo il profitto. Non siamo più una comunità ma una giungla feroce, dove prevale il forte sul debole».
Le diranno che è un comunista. Lei è comunista?
«Mai stato in un partito. Se essere comunisti significa pensare che vivere insieme comporta avere regole comuni, lo sono. Se significa votare Pci, Ds, Pd... Mai fatto. Fedina pulita».
Così deluso dalla sinistra?
«Non amo le etichette di destra e di sinistra. La pace è di sinistra? O un valore universale? Ma i programmi delle grandi forze politiche non ne parlano, né dei diritti umani, né dell'istruzione, parlano solo di spread, di tassi, di competitività. Vedo una casta di politici corrotti, oppure incapaci, oppure collusi».
Allora apprezzerà il voto di protesta delle Politiche.
«Ma sì, ben venga questo tsunami, non se ne può più di sentire i soliti cialtroni raccontare le solite palle. In Italia ci sono ogni giorno 615 nuovi poveri, di questo bisogna parlare».
Insomma, un chiaro endorsement per Grillo, come si usa dire ora.
«Guardi, io non mi occupo di queste cose. Dico solo che anche per me serve un rinnovamento totale. Bocce ferme e si riparte da zero. Nuova partita, nuovi giocatori».
Magari con Gino Strada al Quirinale, come ha proposto qualcuno.
«Vorrei limitarmi a un no comment... Posso dire che non ci penso, nessuno mi ha parlato di questa cosa, e se qualcuno mi ritiene in grado di dare una mano al Paese ringrazio per il complimento ma non sarei neppure sicuro di essere in grado. Poi quando sento dire che serve uno di un'area o di un'altra... Ma andate affanculo, voi e le vostre aree».
Ma se fosse capo dello Stato almeno per un giorno, le piacerebbe firmare la legge sul diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati?
«Sì, ma quella questione vorrei che non ci fosse neppure il bisogno di discuterla. Vorrei che gli imbecilli che si riempiono la bocca di globalizzazione capissero davvero che siamo tutti uguali».
Giuseppe Meloni

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