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L'unione sarda. La guerra dei nuovi descamisados

OROTELLI. Cresce il movimento di protesta nato in paese nel giorno dei funerali dell'impresario

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Dal nostro inviato
Piera Serusi
OROTELLI Tre giorni dopo, sono tanti di più. «Ci hanno chiamato da tutta la provincia: operai che hanno perso il lavoro, imprenditori che non sanno più come pagare i debiti, padri di famiglia che non hanno i soldi per dar da mangiare ai figli». Nicolò Agate è il portavoce di questo comitato spontaneo nato a Orotelli nel giorno dei funerali di Gonario Piroddi, l'impresario edile che mercoledì scorso è morto di disperazione.
IL SODALIZIO Un gruppo fondato al grido di battaglia “Non suicidi ma omicidi”, un urlo inciso su centinaia di volantini affissi ai muri del paese, appesi nelle vetrine dei bar e inviati a migliaia di caselle mail. Il Comitato spontaneo per Gonario è formato da piccoli imprenditori, ex operai del povero impresario, giovani laureati senza lavoro. Un movimento che sta crescendo. Il fronte di chi non vuole morire di disperazione. «Ora vogliamo parlare della vita e del futuro di tutti noi e di tante, troppe famiglie in difficoltà». È da Orotelli che parte la battaglia dei descamisados di Barbagia.
LA CRISI Ieri mattina i componenti del comitato si sono dati appuntamento nel casolare di un compaesano, vicino al centro abitato. «È il sistema che non va. Dalle banche che non ti fanno credito e anzi ti impongono un rientro a condizioni impossibili, a Equitalia che impone interessi altissimi. Ma è la classe dirigente che non funziona, in questo Paese. Sono i politici che devono darci risposte e invece...». Nicolò Agate, 38 anni, due figlie, è il titolare di un'azienda di autotrasporti con sede a Nuoro, zona industriale Pratosardo. Aveva 20 dipendenti, tra magazzinieri e autisti. Ora sono soltanto tre. «E pure in cassa integrazione - sottolinea -. Li chiamo di tanto in tanto, quando c'è lavoro. Il che accade sempre più di rado». Sempre più di rado. Come le chiamate che arrivano a Tonino Bosu, 42 anni, due figli, una laurea in Scienze forestali e una vita da insegnante precario. Lui dice che al giorno d'oggi non ce n'è più per nessuno. «Fino a qualche tempo fa riuscivo ad avere una cattedra anche per tutto l'anno scolastico - racconta -. Ora non più. Mi arrangio facendo l'orto e con qualche collaborazione».
UN PAESE ALLO STREMO Oggi Orotelli è un paese allo stremo. Edilizia e pastorizia, questi erano i pilastri di un'economia un tempo fiorente. Le tante imprese davano lavoro a decine e decine di operai, nessuno restava a spasso. Gonario Piroddi era uno di questi piccoli imprenditori con una ditta solida come la rocca di granito su cui poggia il paese. Aveva dieci dipendenti fissi, e quando occorreva ne assumeva altri. Qui a Orotelli dicono che ha cominciato ad avere paura già nel 2008, quando la crisi dava i primi segnali. Una paura che diventava ossessione, confidenze fatte agli amici: « Ite si mi falat cussu raju , come farò se non avrò più lavoro?».
LA SPERANZA Nessuno deve più arrendersi, dicono quelli del comitato di Orotelli. «Noi - spiega Nicolò Agate - abbiamo paura dell'emulazione, di una resa contagiosa. È per questo che ci siamo uniti, per dire che non si è mai soli, che non bisogna chiudersi in se stessi. Ma un sistema che non funziona deve essere cambiato. Le sanzioni vanno bloccate e a chi è in difficoltà va dato il tempo per restituire i soldi, soprattutto oggi che lavoro non ce n'è». Un sistema che va cambiato coi fatti - in questo caso si chiamano leggi - e non a parole. «Sono i politici che devono assumere l'impegno, mica altri. Per questo lo vogliamo dire: non è giusto prendersela con gli impiegati di Equitalia. Loro non c'entrano, sono l'ultima ruota del carro».

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