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L'unione sarda. Democratici sardi sotto choc L'ira degli altri parlamentari

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E allora? «Un disastro» ( Caterina Pes , deputata del Partito democratico). «Che disastro» ( Giampaolo Diana , capogruppo del Pd in Consiglio regionale, grande elettore). Ci sono frangenti che non aiutano gli sforzi di fantasia, e la clamorosa bocciatura di Romano Prodi nell'arrampicata al Quirinale è uno di quelli.
SOTTO CHOC Le tre ore scarse tra la proclamazione del risultato in aula e l'assemblea tardoserale del Pd, quella delle dimissioni di Bersani, vanno via lentissime e sono segnate da parole che descrivono lo choc democratico. I delegati sardi, che non sono tra quelli più sospettati di tradimento, confermano la sensazione spaesata di chi sta perdendo ogni riferimento.
Ma sembrano choccati anche gli altri partiti, increduli davanti all'autodistruzione del partito che comunque era stato il più votato dagli italiani (estero incluso) meno di due mesi fa. Alla fine, molti pensano quello che dice, prima ancora del naufragio prodiano, Ugo Cappellacci , un altro dei grandi elettori indicati dal Consiglio (la terza è la presidente Claudia Lombardo ): «L'elezione del capo dello Stato non è il congresso del Pd. Serve una figura super partes, autenticamente garante dell'unità nazionale. Appare sempre più necessaria - ribadisce il governatore - una riforma che dia la possibilità di scegliere direttamente il presidente».
IL CENTROSINISTRA Tornando al Pd: a parte il disastro, Diana usa a caldo parole dure sul partito, e sul segretario che ha finora sempre sostenuto. «I franchi tiratori dovrebbero dichiarare il loro voto ed essere espulsi: il dissenso dev'essere leale. Ma il gruppo dirigente non ci aiuta. Bersani? Mi dispiace davvero, ma dovrebbe pensare a un passo indietro», dice anticipando l'epilogo della giornata.
«I problemi sono tutti al nostro interno», conferma Caterina Pes, «ma mentre chi non era d'accordo con Marini l'ha detto, stavolta non è successo. Ora, per me, giusto convergere su Rodotà». Francesco Sanna non parla di disastro ma di «sconcerto e amarezza», però il concetto è quello. «Per ora resterei su Prodi», dice pochi minuti dopo la votazione di Montecitorio: più tardi il Prof si ritirerà, ma il senso della proposta del deputato era «non cambiare candidato a ogni votazione», segno di instabilità.
Invece Luciano Uras , senatore di Sel, annuncia alle 21 che il suo partito tornerà su Rodotà a prescindere dal Pd: «Il caos è tutto tra i democratici, noi siamo leali ma anche molto preoccupati. Bisogna costruire una soluzione non ambigua». Se i vendoliani convergono sul candidato del M5S, Roberto Capelli (Centro democratico) è già lì: «Ho votato lui e non Prodi, perché il nuovo corso della politica non può ripartire dalla nomenklatura. Già Rodotà è un po' una forzatura, ma è l'unico. Il dramma del Pd? Dilettanti allo sbaraglio». Con Giampaolo Diana e altri del centrosinistra, Capelli è tra i destinatari di un sms spedito ieri dal consigliere regionale ex Idv Adriano Salis: «Votate Rodotà e mandate dove meritano gli eterni strateghi della sconfitta».
IL PDL Detto di Cappellacci, anche il senatore Emilio Floris restituisce «l'impressione di assistere a un congresso del Pd più che all'elezione per il Quirinale. Marini e Prodi erano entrambi personalità autorevoli, ma non sono riusciti neppure a mettere insieme il loro schieramento di partenza». L'ipotesi Rodotà «non va oltre la sinistra e Grillo. Bisogna ritornare a un metodo di ampia condivisione».
Salvatore Cicu cita una battuta di Capezzone («e poi non rimase nessuno, come i dieci piccoli indiani»), ma poi mette da parte l'ironia e passa all'analisi: «È la crisi di un partito che non c'è, ma non ci fa piacere perché getta il Paese nella confusione. Non stanno pensando a eleggere un presidente della Repubblica che garantisca tutti, ma a trovare uno che li ricompatti».
IL M5S «Ancora il Pd non ci ha spiegato perché non accetta Stefano Rodotà», riflette il senatore Roberto Cotti , «uno che non proviene dalle nostre fila ma dalle loro. Noi continueremo su di lui, l'unica possibilità diversa è che si ritiri da solo. Ma in quel caso punteremmo su Zagrebelsky, che lo segue nella classifica delle nostre consultazioni online».
Sul perché il nome di Rodotà resista così bene, raccogliendo i favori di altre forze politiche e di molta opinione pubblica di centrosinistra, Paola Pinna risponde così: «È una candidatura strategica, azzeccata. Rappresenta bene l'area della sinistra, e il Pd dovrebbe aver capito che cercare intese col Pdl lo spacca». Secondo la deputata, il fatto che gli elettori del Movimento di Grillo si siano divisi (nella scelta via internet) tra molti nomi non compromette l'unità sull'ex garante della privacy: «Tutte le persone che sento, a prescindere da chi hanno votato nelle “quirinarie”, ci sostengono e ci dicono di insistere su quella candidatura».
Giuseppe Meloni

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