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L'unione sarda. «Napolitano, ricordati di noi»

Le reazioni nell'Isola dopo il voto per il Colle. Al centro le larghe intese e la crisi Pd

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È difficile che Giorgio Napolitano, nel suo secondo mandato, ritorni a far visita al Consiglio regionale: ma essendo il successore di se stesso gli si potrebbe chieder conto degli impegni assunti in Sardegna nel febbraio 2012. «Di certo conosce bene la nostra crisi, l'ha toccata con mano», ragiona Claudia Lombardo, presidente dell'assemblea legislativa isolana e grande elettrice, all'indomani della rielezione di Re Giorgio: «Spero che sia un vantaggio per noi, insieme al fatto che la sua conferma dovrebbe portare alla formazione di un nuovo governo».
DIALOGO CON LO STATO E di un governo, con cui interloquire su questioni cruciali («dal patto di stabilità agli ammortizzatori sociali», ricorda Lombardo), la Regione avrebbe grande bisogno. Ma se la presidente vede bene un accordo parlamentare ampio, «anche per cambiare la legge elettorale», c'è chi non la pensa per niente così: «Il governo delle larghe intese la Sardegna lo ha già sperimentato con Monti», attacca il senatore di Sel Luciano Uras, «con pessimi risultati. Aggravati dall'inconcludenza di Cappellacci e della sua Giunta».
I vendoliani dicono «no all'ambiguità di un governo ammucchiata. La nostra coalizione si è sempre detta alternativa al centrodestra. Purtroppo il Pd forse ha già cambiato idea».
DEMOCRATICI IN CRISI Già, il Pd. È ancora presto per capire gli effetti nell'Isola del dramma di Bersani e soci. Sabato il segretario Silvio Lai ha difeso l'opzione Napolitano. Ma i problemi del partito sono evidenti, e un deputato esperto come Gian Piero Scanu non li nega: «È emersa una nostra gracilità strutturale. Il Pd non è ancora un partito realmente progressista, non ha sposato le battaglie (dal lavoro agli armamenti) tipiche di una forza progressista. Per questo poi qualcuno guarda a Grillo». Eppure «il Pd è ancora indispensabile per l'Italia, altro che scissione. Rinnovare i vertici? Sì, ma non è una questione anagrafica. Ho visto quarantenni comportarsi peggio di chi ha la barba bianca».
Ora il dibattito si sposterà a dirigenti e militanti. Per il consigliere regionale renziano Chicco Porcu «l'elezione di Napolitano è una boccata di ossigeno, ma nel Pd non può che aprirsi una fase completamente nuova», dopo la «gestione dilettantesca» del voto sul Colle. Anche in Sardegna, dove «il congresso va svolto insieme alle primarie per la presidenza della Regione».
In questi giorni si è vista la mobilitazione dei giovani, che hanno occupato la sede regionale del partito. Thomas Castangia, segretario provinciale di Cagliari e vicino a quel Pippo Civati che tra i giovani riscuote molti consensi, spera che il congresso «si faccia sui temi che hanno senso, non come confronto tra agglomerati vari. Per chiederci cosa vuole essere il Pd. È vero, ora c'è paura di scissione: io penso che la soluzione non sia e non sarà quella. Ma chi pensa al governissimo sappia che non è ciò che vuole il nostro elettorato».
LARGHE INTESE Dal Pdl, Emilio Floris potrebbe godersi lo sfacelo del principale partito avversario ma non lo fa: «Non è un bene se una forza come quella non trova la quadra. Spero che l'elezione di Napolitano ci porti a un governo di larghe intese che riprenda i temi indicati dai dieci saggi: da un lato risposte immediate per le imprese e per l'economia, dall'altro le riforme che devono necessariamente partire dalla legge elettorale».
Larghe intese che comprenderanno Scelta civica: «Napolitano è stato un ottimo presidente, ma aver dovuto chiedere il bis a un 87enne è una sconfitta della politica italiana», riflette il deputato montiano Pierpaolo Vargiu. Più che «lo sfascio del Pd», a suo giudizio, «il problema del Paese è un sistema sociale che si sta scollando: perciò è fondamentale cercare l'unione tra tutte le energie migliori. Nessuna parte politica può salvare da sola il Paese, bisogna rimboccarsi le maniche insieme». Anche nell'Isola: «Promesse da presunti governi amici ne abbiamo viste tante, è l'ora che siano i sardi a dare una mano a se stessi per uscire dalla crisi».
ALL'OPPOSIZIONE Se lo schema sarà quello della convergenza di Pd, Pdl, Lega e Scelta civica, resteranno fuori solo i parlamentari di Sel e soprattutto gli oltre 160 del Movimento 5 Stelle: «Che ci sia un accordo tra le solite forze lo si è già visto nella votazione del capo dello Stato», sottolinea il deputato cagliaritano Andrea Vallascas, «il nostro non applaudirlo non era un atto contro la persona ma contro il metodo degli accordi sottobanco».
Se il plotone di Grillo sarà «quasi la sola opposizione», prosegue Vallascas, «non significa che ci opporremo nelle piazze, o alimenteremo tensioni. Lo sfogo iniziale si è chiuso con la manifestazione di Roma, ora porteremo le nostre proposte nelle commissioni parlamentari. Faremo la nostra parte, saremo vigili e, come abbiamo sempre detto, renderemo conto agli elettori di tutto quello che faremo».
Giuseppe Meloni

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