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L'unione sarda. È già tempo di rivoluzione?

Il 7 novembre in migliaia a Cagliari: «Via questi partiti»

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L'hanno chiamata “Assemblea del popolo sardo”. Di fatto è uno sciopero generale: braccia incrociate mercoledì 7 novembre, dalle 10, in via Roma, a Cagliari, sotto il palazzo del Consiglio regionale. «Chiederemo le dimissioni di tutti, Giunta compresa. Perché l'emergenza della nostra Isola non può essere affrontata da quegli stessi partiti che l'hanno causata». La mobilitazione ha una firma: Consulta rivoluzionaria. Un mese e mezzo fa (il 14 settembre) l'esordio a Tramatza. Da ieri l'asticella sollevata contro «una classe politica che ha fallito e va delegittimata».
IL PERCORSO Tre giorni ancora poi il conto verrà presentato a Consiglio regionale e Giunta Cappellacci. Felice Floris , che guida il Movimento dei pastori sardi, la dice diretta: «Se hanno a cuore il destino dell'Isola, devono tornare tutti a casa». L'indipendentismo è fermo lì, sullo sfondo, ma non più ridotto a una sfida contro Roma in una battaglia per pochi: «Adesso - continua Floris - abbiamo i numeri per scardinare il sistema. Siamo un blocco sociale che raccoglie cittadini, movimenti, sindacati e mondo produttivo, vogliamo liberare la Sardegna dalla fame». In soffitta sembra finire pure quell'atavica divisione che è segno identitario dell'Isola: «Ci siamo uniti come mai era successo prima, esorcizzando un'antica maledizione. Dalla nostra parte anche gli intellettuali sardi, rappresentati da Bachisio Bandinu e Salvatore Cubeddu», ricorda Floris.
L'ATTACCO Il Movimento artigiani e commercianti della Sardegna ha la voce di Andrea Impera . Lui, una volta e un'altra ancora, ripete che «questa non è vita, se le imprese chiudono, se il lavoro non c'è più, se Equitalia ti pignora l'esistenza». È un rosario di manchevolezze, quello che Impera scarica sui partiti, «di oggi e di ieri». E continua: «È arrivata l'ora di cambiare il sistema, non si può importare l'80 per cento dei prodotti alimentari che consumiamo».
L'OBIETTIVO Sceglie di parlare in limba Bustianu Cumpostu , numero uno di Sardigna Natzione: «La Consulta rivoluzionaria è l'antidoto all'emergenza, siamo nati per fronteggiare il disastro. Non è pensabile che la nostra Isola non incassi ogni anno 2,3 miliardi di accise, soldi che la Saras paga altrove». Cumpostu assapora la sfida: «Per riprenderci la sovranità, bisogna ribaltare il rapporto tra Stato e Regione, tra popolo e governo isolano».
LE INCOMPIUTE Dalla Confederazione sindacale sarda (Css), il segretario Giacomo Meloni porta speranza: «Al Sulcis si possono assicurare 500 nuove buste paga, se il governatore Cappellacci e il ministro Clini (Ambiente) firmano un protocollo d'intesa sul Geoparco. Si mettono in cassa i 13 milioni stanziati dall'Unione europea per valorizzare le zone minerarie». Meloni reclama anche la messa in mora dell'Alcoa: «Non vorrei che gli americani vadano via senza pagare i 300 milioni di multa decisi a Bruxelles per le mancate bonifiche».
RISCHI ED ERRORI Intanto spuntano baruffe. «Qualche sigla sindacale - tuona Vittorio Sanna (Movimento operai di Porto Torres) - va dicendo in giro che lo sciopero non è legittimo. Invece è autorizzato dalla commissione nazionale». Giuseppe Carboni (Movimento artigiani e commercianti del Sulcis) ha la sua certezza: «Dobbiamo evitare lo sterminio del popolo sardo». Pier Franco Devias (A Manca pro s'indipendentzia) sintetizza così la Sardegna del ventunesimo secolo: «Gente affamata cammina sui diamanti». Quindi una riflessione: «L'insularità è una risorsa in Gran Bretagna e in Giappone, isole come la nostra. Ma loro non hanno partiti coloniali che impongono il ricatto della mobilità, il monopolio dei trasporti».
L'ANALISI Dal fronte Irs Gavino Sale incalza sulla cifra politica della Consulta rivoluzionaria: «Siamo alle prove tecniche di governo». Poi si volta indietro, giusto un attimo: «Per troppi anni ci siamo concentrati sulla protesta, adesso abbiamo un programma. E con questo stiamo costruendo l'emancipazione contro gli zerbini che vogliono mantenere lo status quo. Ma sappiano che la legge del divide et impera appartiene già al passato della Sardegna».
PROGRES Anche il partito indipendentista, che non fa parte della Consulta rivoluzionaria, per bocca del segretario Salvatore Acampora ha fatto sapere che aderirà allo sciopero: «Si tratta di un appuntamento importante - ha detto - è necessario appoggiare l'espressione popolare dei protagonisti della crisi attuale, i cittadini, abbandonati al proprio destino dalla classe politica autonomista incapace di risolvere i problemi strutturali della Sardegna».
Alessandra Carta

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