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L'unione sarda. Il curato insiste nonostante la bufera: l'Italia agli italiani

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«L'Italia agli italiani». Don Alessandro Loi, nonostante la bufera scatenata dal popolo della rete dopo le esternazioni sul ministro Cecile Kyenge, non fa retromarcia neanche un po'. Arrembante, controcorrente (da novembre celebra la messa con le spalle rivolte ai fedeli), il pastore d'anime della comunità di Lotzorai reagisce con sdegno alla nomina di Cecile Kyenge a ministro dell'Integrazione. Di una figura istituzionale con origini africane non ne sentiva il bisogno, ora che l'Italia deve intraprendere un percorso di rinascita socio-economica.
LA SPIEGAZIONE Ora che in tanti lo accusano di razzismo, lui glissa e parla di sentimento patriottico. «Non è una questione di colore di pelle, non scherziamo. Piuttosto di opportunità». Il curato smorza le polemiche, abbozza un sorriso e offre la sua spiegazione, che affonda su temi politici internazionali di stretta attualità: «Gli immigrati vanno aiutati nel loro Paese d'origine, come fanno i nostri medici in Congo. Il ministro Kyenge sogna un'Italia di immigrati, io ne sogno una di italiani». Sa di aver sollevato un polverone («c'era da aspettarselo») ma non si nasconde dietro un monitor. «Non tollero una extracomunitaria al potere, ma badate bene che avrei fatto lo stesso discorso se si fosse trattato di una persona australiana o cinese».
ACCUSE RESPINTE Pazienza se fra i principi del cattolicesimo c'è l'uguaglianza fra i popoli, come gli ricordano gli amici virtuali sul social network. «L'amore, secondo il comandamento di Gesù, è un'altra cosa. Io ho parlato di opportunità: a quando un ministro italiano in Congo?». E pace se Cristo ha predicato accoglienza e integrazione. «Accoglienza non significa spalancare le porte senza confini. Così si prepara il governo mondiale, che sarebbe deleterio per tutti». Non ha mai abbracciato ideali di sinistra, il sacerdote che si definisce iper-tradizionalista. «Con il mio messaggio ho parlato a titolo personale, non della Chiesa dove non c'è più un'opinione uniforme. Non parlo nemmeno a nome della religione cattolica, semplicemente come prete che segue la Chiesa di sempre».
Roberto Secci

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