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L'unione sarda. Salvato da un angelo speciale: «Preiti ha sparato pure a me»

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Gli spari, sei, uno in fila all'altro. I colleghi di una vita a terra, sui sampietrini di piazza Colonna. Marco Murrighile non ci ha pensato un secondo ed è saltato addosso a Luigi Preiti, proprio mentre lui, il muratore di provincia che voleva ammazzare i politici, premeva un'altra volta il grilletto. Il proiettile arriva nella tasca del gilet da lavoro, buca la tela e esce. «Sono vivo per miracolo», racconta ora Murrighile, cinquantadue anni, nato a Agrustos, carabiniere «da una vita», vice brigadiere che ha avuto la freddezza di arrestare il mancato killer di Palazzo Chigi.
A PONTASSIEVE In treno, mentre torna a da Roma a Firenze, dove abita da anni («vivo a Pontassieve, ma mia mamma e i miei fratelli stanno ancora in Sardegna»), ripercorre al telefono quegli attimi che gli girano in testa da due giorni: «Quando ho sentito gli spari mi sono subito buttato addosso a Preiti per immobilizzarlo. Solo dopo mi sono accorto che un proiettile aveva colpito anche me. Per fortuna ha bucato solo la giacca ed è uscito. Non mi ha ferito per una questione di centimetri». Forse meno. E così lo scatto del vice brigadiere del 6° Battaglione Toscana a cavalcioni sul muratore calabrese, la pistola ancora calda a mezzo metro, diventa l'immagine di una domenica che l'Italia non dimenticherà.
PENSIERO FISSO Murrighile non ama le interviste né essere al centro dell'attenzione. A chi gli chiede se si senta un eroe risponde così: «Io penso a Giuseppe», cioè Giuseppe Giangrande, il carabiniere ricoverato nell'ospedale Umberto I di Roma in condizioni «gravi ma stabili». Per il vice brigadiere di Agrustos Giangrande «è un fratello, ci conosciamo da anni e abbiamo sempre lavorato insieme». E infatti appena i colleghi lo aiutano a bloccare Preiti, lui corre subito a stringere la mano prima a «Giuseppe», poi va a tranquillizzare Francesco Negri, dice di tener duro perché i soccorsi arriveranno in fretta.
Il proiettile che entra e esce dalla tasca del gilet gli ripassa nella testa: «Qualcuno mi ha salvato». Murrighile sa anche chi è stato l'angelo: «È sicuramente mio padre», morto anni fa. Padre che forse lo ha aiutato anche il 20 luglio del 2001. Genova. G8. «Quella di domenica non è l'unica volta che ho rischiato di morire. Mi sono trovato nel mezzo di una sassaiola a Genova. Mi è piovuto addosso di tutto. Durante la guerriglia urbana, una pietra mi ha colpito il casco. Se non avessi avuto le protezioni forse non sarei qui a raccontarlo».
EMERGENZA CONTINUA È abituato alle situazioni di emergenza, Murrighile. Insieme ai colleghi del 6° Battaglione Toscana ha girato l'Italia. Dove c'è bisogno, arrivano loro. Che sia un servizio di piazza a Roma, il G8 di Genova o quello all'Aquila.
Ora è una delle tre vittime del «triplice tentato omicidio» su cui indaga il Pm di Roma Pierfilippo Laviani, che ha interrogato Preiti nell'ospedale dove è stato medicato e che ha escluso immediatamente il «gesto estemporaneo». Un blitz, semmai, «pianificato a tavolino una ventina di giorni fa». Ecco perché il pubblico ministero che conduce le indagini ha contestato a Preiti anche la premeditazione, oltre al «porto e detenzione di arma clandestina e ricettazione con l'aggravante dell'aver agito contro dei pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico». Proprio come quello in cui era impegnato Murrighile domenica scorsa. Uno degli ultimi della sua carriera.
MERITATA PENSIONE «Andrò in pensione a gennaio del 2014», dice il vice brigadiere entrato a diciotto nell'Arma. Poi tornerà in Sardegna più spesso, non solo per le vacanze: «Io sono nato a Agrustos, una frazione di Budoni. I miei parenti vivono lì». Sul suo profilo Facebook, che nelle ultime ore ha registrato un boom di richieste di amicizia, le foto di famiglia - moglie e figlio - e una vita al servizio dello Stato. Le immagini di Lampedusa, vissuta negli anni degli sbarchi degli immigrati dal Nord Africa. Poi c'è L'Aquila post-terremoto, le chiese sventrate, i palazzi pericolanti.
«Nell'Arma ci sono da una vita». Così tanto da assimilare la riservatezza e il basso profilo, che gli impediscono di rispondere alle domande più specifiche: «Cosa ha detto Preiti appena l'ho bloccato? No, questo non posso dirlo».
Michele Ruffi

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