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L'unione sarda. Dina, una vendetta trasversale?

Importante indizio top secret nelle mani degli inquirenti

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Un elemento nuovo, una circostanza importante, un indizio decisivo. Le indagini sull'uccisione di Dina Dore ruotano attorno a qualcosa che gli inquirenti tengono riservatissimo e che l'altra notte speravano sfociasse in una clamorosa svolta.
Non è successo: dopo l'interrogatorio di Francesco Rocca, il marito della vittima, sentito fino a mezzanotte per fornire un riscontro alle dichiarazioni rese da un altro testimone, gli inquirenti hanno annullato l'attività istruttoria prevista a Gavoi per ieri mattina. E sono rientrati: il procuratore Mauro Mura, il sostituto Danilo Tronci e il capo della squadra mobile Leo Testa a Cagliari, il commissario Fabrizio Mustaro a Nuoro.
LA SORELLA E LA SUOCERA È impossibile saperne di più. Nessuno scuce una parola sul programma saltato dopo il botta e risposta col marito della donna assassinata nel garage della sua abitazione di via Sant'Antioco, a Gavoi, la sera del 26 marzo 2008, tantomeno su quanto raccolto nel corso in una giornata fitta di interrogatori. Si sa soltanto che sono state sentite anche la suocera di Dina Dore e la sorella Graziella, che non ha mai nascosto di non credere al sequestro di persona sfociato nel sangue a causa della reazione dell'ostaggio. Ma non è tutto. Gli inquirenti hanno sentito alcuni giovani e uno di questi avrebbe fornito elementi molto importanti, al momento top secret. L'unica certezza è che nessuno è stato sentito con l'assistenza di un avvocato, dunque, nessuno è iscritto nel registro degli indagati.
IL MARITO La sensazione fortissima è che magistrati e poliziotti stiano seguendo un filone preciso, una pista nuova che nelle ultime settimane li ha portati a prediligere l'ipotesi dell'omicidio su commissione rispetto a quella del sequestro di persona. Quali elementi abbiano in mano non si sa ma è ormai chiaro il ragionamento: Dina Dore non frequentava nessuno all'infuori dei suoi familiari, usciva la mattina per andare con la piccola Elisabetta a casa dei genitori dove rimaneva fino al pomeriggio inoltrato, intorno alle 18,30 rientrava a casa e aspettava il marito che, anche all'epoca, aveva uno studio dentistico a Nuoro. Se questa era la vita di Dina Dore non poteva essere lei il bersaglio finale dei banditi. Dunque: se non era un sequestro di persona a scopo di estorsione si è trattato di una vendetta trasversale, inedita in Sardegna. In entrambi i casi l'obbiettivo non poteva che essere il marito: se il commando avesse rapito la donna, sarebbe stata la famiglia Rocca, benestante, a pagare il riscatto, non certo i Dore, dalle condizioni economiche decisamente meno agiate. Se, viceversa, Dina è stata assassinata, è sempre al marito che gli inquirenti guardano per capire chi abbia voluto colpirlo con un delitto così atroce.
LE INDAGINI PARALLELE Ma c'è anche un altro versante: magistrati e poliziotti conoscono la realtà sarda, quella barbaricina in particolare, e sanno bene che, di fronte a un torto così grave, in quegli ambienti non si sta con le mani in mano. Ci si muove per scoprire chi e perché si sia sporcato le mani del sangue di una donna innocente, per di più madre di una bimba di otto mesi. Forse anche questo volevano sapere l'altra notte da Francesco Rocca, forse hanno chiesto al vedovo se la sua famiglia abbia saputo per vie traverse qualcosa che possa indirizzare le indagini sulla pista giusta.
IL DISTURBO La situazione è fluida quanto delicata e, dallo stretto riserbo che circonda questa fase, filtra soltanto una notizia: gli investigatori hanno in mano qualche elemento che, a distanza di quattro anni, li ha riportati in forze a Gavoi. E lì, nel giro di due settimane, hanno sentito moltissime persone dopo essere tornati sul luogo del delitto. Il sospetto, fortissimo, è che gli assassini non abbiano aspettato il rientro di Dina Dore appostati davanti all'abitazione di via Sant'Antioco, dove non esiste un riparo da sguardi indiscreti, ma dentro il garage. Sarebbero dunque entrati in casa attraverso la porta principale di cui, forse, avevano le chiavi.
Quando Dina Dore è tornata hanno atteso che portasse fuori dall'auto la piccola Elisabetta prima di aggredirla, picchiarla in testa, imbavagliarla con scotch per pacchi fino a non farla respirare. Hanno quindi sistemato il corpo dentro il bagagliaio per fuggire con l'auto della donna. Qualcosa o qualcuno li ha disturbati?
M. Francesca Chiappe

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