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L'unione sarda. Delitto Dore. «Sospetti su di me? Mi auguro di no»

Primo Piano (Pagina 5 - Edizione CA) IL VEDOVO. Rocca non crede al delitto premeditato. Rapporti tesi con la famiglia della moglie

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È stato convocato in commissariato alle 23. E poi interrogato a sorpresa per oltre un'ora dal pm della Dda Danilo Tronci e dal capo della Mobile di Cagliari Leo Testa. Come persona informata sui fatti, cioè semplice testimone. Eppure il giorno dopo il faccia faccia con gli inquirenti - forse il decimo da 4 anni a questa parte - Francesco Rocca si dice «sorpreso e choccato». Non per l'improvvisa accelerazione nell'inchiesta sulla morte della moglie Dina Dore, quanto per il tenore delle domande. «Molto diverso dalle volte precedenti», dice lui. Non solo sfumature, pare di capire. Il dentista con la passione della politica, rampollo di una delle famiglie più in vista della Barbagia, ha avuto la netta sensazione di un mutato atteggiamento nei suoi confronti. «Io sospettato? Non lo so, non credo, mi auguro di no».
Però?
«Pero lo ribadisco, non mi aspettavo un interrogatorio così. Ho sempre offerto la massima collaborazione, ho detto tutto e non ho nulla da nascondere. E l'ho fatto nel mio interesse visto che Dina era mia moglie».
Non si aspettava neanche l'interrogatorio di sua madre?
«No, anche perché non era mai stata sentita. Quando l'hanno convocata abbiamo pensato che fosse per quello, perché ancora non era stata interrogata».
A lei quando l'hanno chiamata?
«Ho accompagnato mamma e sono tornato a casa con lei. Quando eravamo già a cena mi hanno chiamato dicendo di tornare in commissariato».
Le hanno chiesto se conosceva i ragazzi sentiti prima di lei?
«Sì e ho risposto che li conoscevo tutti. Sono di Gavoi, siamo 2.800 persone qui, non si può non conoscere un compaesano. Qualcuno di loro ha pure lavorato per me».
È possibile che gli investigatori sospettino che dietro il delitto ci sia una vendetta trasversale contro di lei?
«Io non credo in generale all'ipotesi di un delitto pianificato. Trovo che sia infamante per Dina pensare che volessero ucciderla, per cosa? Credo anche che se avessero voluto fare del male a me mi avrebbero tirato una fucilata mentre stavo tornando da Nuoro o in campagna. Qua non esiste uccidere una donna per vendicarsi del marito, la trovo una cosa impossibile».
Cosa pensa dei nuovi sviluppi nelle indagini?
«Guardi, se trovano gli assassini di mia moglie io sono il più contento del mondo. Non aspetto altro da quattro anni».
Ma resta convinto che sia stato un sequestro finito male.
«Io non so di cosa si tratti. Se lo sapessi il caso sarebbe già risolto. Ma trovo fuori da ogni logica pensare che qualcuno sia entrato in casa con l'obiettivo di ucciderla».
I familiari di Dina la pensano diversamente.
«Ognuno è libero di pensare quello che vuole. A me pare una cosa del tutto fuori dal mondo».
È vero che con loro i rapporti sono diventati tesi?
«Ogni settimana porto mia figlia dalla nonna materna, perché credo che sia giusto fare così e perché non voglio che sorgano equivoci. Del resto non mi interessa».
Massimo Ledda

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