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L'unione sarda. I partiti contro la rivoluzione

Compatto il fronte di Pdl, Pd, Udc, Riformatori e Sel: «Non ci dimettiamo» Polemico con la Consulta il sardista Giacomo Sanna: «Sciopero personalistico»

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Botta e risposta. Tutto al veleno. Da una parte la Consulta rivoluzionaria che mercoledì scende in piazza per chiedere le dimissioni in blocco di Consiglio regionale e giunta Cappellacci; dall'altra i partiti di destra e di sinistra finiti nel mirino di indipendentisti e movimenti dei lavoratori. Il j'accuse suona così: «Andate a casa, perché siete i responsabili del disastro sardo». Ma maggioranza e opposizione vanno al contrattacco: «La protesta non risolve i problemi».
COMUNE DENOMINATORE Niente tappeti rossi, dunque. I partiti sbattono la porta in faccia alla Consulta. Né da destra, né da sinistra si uniranno allo sciopero di mercoledì. Eccezion fatta per Michele Piras, coordinatore regionale di Sel, che fa sapere: «Come forza politica non aderiamo alla mobilitazione. Ma personalmente ci sarò, perché questo popolo ha diritto a sovranità e autodeterminazione».
PDL Nessuno lo dice apertamente, ma in tempo di grillismo, la Consulta viene vista come il potenziale approdo per i delusi dei partiti. E un po' fa paura. Tanto che Settimo Nizzi, coordinatore dei berlusconiani sardi, osserva: «È giusto che i cittadini si riuniscano e si confrontino per far valere idee e proposte. Ma spetta agli elettori valutarle». Il deputato pidiellino porta un esempio: «Per scardinare il sistema serve un progetto alternativo alle forze tradizionali. Diversamente succede come per le Province: si è votata la loro abolizione, ma senza aver studiato un riassetto istituzionale».
PD I bersaniani dell'Isola partono da un presupposto: «Il malessere sociale - dice il segretario Silvio Lai - è evidente. Ma diffido da chi tratta tutti allo stesso modo. Quando nel 2008 abbiamo lasciato il palazzo della Regione, la spesa sanitaria era in ordine, idem quella sui finanziamenti europei. La continuità territoriale veniva garantita con dieci aerei, contro i due attuali. Già dal 2004 ci siamo confrontati con la spending review». Insomma, al leader Pd non piace che la Consulta metta sullo stesso piano maggioranza e opposizione: «Così facendo, si cavalcano strumentalmente le difficoltà sociali. La Sardegna, invece, ha solo bisogno che questo centrodestra vada a casa, quanto prima».
RIFORMATORI Nemmeno dal fronte liberal democratico porgono l'altra guancia. Michele Cossa, vicepresidente del Consiglio regionale, ricorda: «La rivoluzione l'abbiamo già avviata con dieci referendum destinati a cambiare il quadro istituzionale della Sardegna». Quindi, niente passi indietro. «Se ci dimettessimo - spiega Cossa - non potremmo completare le riforme. Mancare l'obiettivo, significherebbe sottrarsi al dovere di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo».
UDC Per lo scudo crociato è Giulio Steri, capogruppo in Consiglio regionale, a tracciare il confine tra politica e antipolitica. «Ho letto le proposte della Consulta, ma alcune non sono nemmeno praticabili. L'abolizione di Equitalia spetta al governo nazionale non a quello isolano. L'Udc ha fatto tutto il possibile per frenare la crisi, ma la congiuntura internazionale è difficilissima. Per questo non è sufficiente protestare, lo sciopero non risolve le emergenze».
PSD'AZ Per storia e valori identitari, tra Quattro Mori e Consulta i punti di contatto sono più di uno. E Giacomo Sanna, il presidente-capogruppo in Regione, non ne fa mistero: «Accogliamo il nuovo progetto con assoluta positività». Poi l'affondo: «Attaccare tutti senza distinzioni è un modo sbrigativo per farsi largo. Peraltro: loro si propongono come un blocco sociale, ma non vorrei che il movimento rispondesse a una sola persona». L'invito vale una bordata: «Se nella Consulta prendono il meglio della nostra storia e del nostro programma, non possono farsi offuscare le menti dal grillismo».
SEL Piras non usa sciabola né fioretto: «Crediamo che alcune questioni sollevate dalla Consulta siano condivisibili, così come pensiamo che la condizione sociale dell'Isola sia arrivata a un punto di rottura». Seguono le sottolineature: «Lo stato della crisi merita una proposta di governo in netta discontinuità con l'attuale. Le responsabilità stanno in capo a chi guida la Regione e il Paese, non a un partito come il nostro che in questi anni è stato all'opposizione sia in Sardegna che a livello nazionale».
Alessandra Carta

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