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L'unione sarda. Quel nodo alla gola che toglie il fiato ai nostri onorevoli

Oppi e il no alla cravatta

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Se un nodo alla gola è proverbialmente spiacevole, perché i maschi ne hanno fatto un elemento indispensabile dell'abbigliamento formale? Forse ha ragione Giorgio Oppi, a prendersela contro la cravatta: «Non capisco perché debba essere obbligatoria in Consiglio», ha detto l'altra sera il leader Udc, attaccando la regola che la impone. E non al bar, ma in un serissimo intervento in aula. E subito il dibattito nei corridoi del Palazzo, e poi su Facebook, ci mancherebbe: fatto bene? Fatto male? Quanti “mi piace” può valere?
L'obiezione di coscienza di Oppi sulla cravatta è antica: il nodo allentato, da cui sbuca il primo bottone (sbottonato) della camicia, è il suo marchio di fabbrica. «Ma ci sono altri esempi nel passato» (sempre Oppi, sempre l'intervento dell'altra sera): come «Nardino Degortes, che veniva con una maglietta Lacoste». «Davvero Giorgio mi ha citato in aula?», ride Degortes, consigliere e assessore socialista negli anni '90. «Ha ragione, io la cravatta non la indossavo quasi mai. Non per ribellione: mi dava fastidio, e poi è inutile». L'obbligo di giacca e cravatta in aula è scritto in una remota delibera dell'ufficio di presidenza. Varrebbe anche per il pubblico, ma qui ormai ci si accontenta della giacca. I recalcitranti ci sono sempre stati: quel nodo non piaceva per esempio a Pasquale Onida, e in tempi più recenti Sergio Marracini, il dandy delle aule legislative, l'ha talvolta sublimato con un ascot. Ma nessuno supererà in originalità il compianto Giampaolo Nuvoli da Ardara: valeva tutto, da Pluto ai fiori.
Del resto l'eleganza non è una scienza esatta, e chi è padrone delle regole sa come forzarle: come Mario Floris, che stupì scegliendo uno spezzato - anziché l'abito - per accogliere un capo dello Stato (Scalfaro). Le ideologie sono cadute anche in sartoria, eppure è della destra colui che molti ricordano ancora come il più ligio dei questori (i consiglieri che fanno rispettare le regole): Edoardo Usai di An. Oggi invece è Sel a spostare la frontiera dell'informale, con le scarpe sportive di Giorgio Cugusi o le magliette bicolori di Daniele Cocco (ma cravatta Missoni). Per i colleghi però l'impeccabile è il sardista Efisio Planetta, cui il fisico da fantino consente tonalità di grigio che imbarazzerebbero i più rotondetti. Ha ragione Oppi, il decoro non sta in una cravatta. Ma un altro vecchio lupo democristiano, fiutando l'aria che tira, commenta: «Ci sono sacrifici peggiori di una cravatta al collo».
Giuseppe Meloni

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