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L'unione sarda. Napolitano: «Lezione dagli Usa»

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ROMA «La nuova grande lezione di democrazia che arriva dagli Stati Uniti può essere di esempio per l'Italia anche per il comune impegno mostrato dai due candidati alla presidenza, fino a ieri avversari, a operare per l'unità della Nazione, in un contesto di reciproco riconoscimento». Non è una mera questione di fair play, ci tiene a precisare Giorgio Napolitano, ma di sostanza. Il presidente della Repubblica si dichiara «ammirato da questo alto senso di responsabilità». Anche perché «sono cose che in Italia non ci suonano molto familiari».
LE REAZIONI Andando oltre il plauso quasi unanime per la vittoria di Barack Obama, il Colle guarda all'esempio delle elezioni Usa anche in un'ottica puramente italiana. Dove lo scontro in vista del voto rischia ancora una volta di tenere da parte il bene del Paese per mere beghe partitiche o elettoralistiche: «Negli Stati Uniti è fortissimo il senso dell'identità e dell'orgoglio nazionale. L'interesse generale del Paese prevale sui contrasti - ha aggiunto il presidente - prima avremo questo atteggiamento in Italia meglio sarà». Napolitano, al pari del presidente del Consiglio, non può certo esprimere il gradimento per un candidato o per l'altro: «Al massimo posso sottolineare l'opportunità di una stretta collaborazione perché possa avanzare nel mondo la causa della pace, della democrazia e dei diritti umani - ha aggiunto - né c'è bisogno di rimarcare questa vicinanza, che è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti».
L'EX PREMIER Anche il Pdl, diviso nel giudizio sull'esito delle elezioni Usa, ne prende atto: «L'America è in buone mani e questa è un'ottima notizia per tutti» commenta Silvio Berlusconi. E Fabrizio Cicchitto ammette: «Non c'è dubbio che Monti, per molteplici ragioni, ha in Obama un estimatore».
IL GOVERNO D'altra parte è un fatto il tono usato dal premier nella lettera di congratulazioni a Obama: «Signor Presidente, caro Barack» esordisce il presidente nel messaggio in cui non manca di mostrarsi «lieto, non solo per il profondo legame di amicizia di cui Lei mi onora». Non sono parole di circostanza, ma la sottolineatura di una visione che accomuna al di là dei rapporti di pura diplomazia. Per Monti, Obama svolge un «ruolo saggio e prezioso» soprattutto in un contesto «di difficile congiuntura politica, economica e finanziaria». Monti parla di «cooperazione tra noi», usa la parola «sintonia» per definire i rapporti sia a «livello personale così come tra i nostri due governi», ricorda l'ottima accoglienza avuta sin dal «nostro primo incontro alla Casa Bianca». E se anche il ministro Terzi è sicuro che con la nuova amministrazione Usa continuerà «il forte raccordo» fra Monti e Obama, è anche vero che questo è un giudizio ampiamente riconosciuto.
I PARTITI «Per l'Europa è un'ottima notizia» si rallegra Pierluigi Bersani, che vede nella vittoria di Obama anche «uno sprone per i partiti democratici e progressisti europei». La vittoria di Romney avrebbe potuto avviare «una politica isolazionista, un grosso problema anche per noi europei», commenta il presidente della Camera Gianfranco Fini mentre il leader dell'Udc Casini mette a confronto il progetto politico di Obama con quello che dovrebbe perseguire l'Italia. «Il senso del tifo per il presidente anche per noi è questo: coniugare rigore e difesa dei cittadini deboli». È nel Pdl, invece, che la sconfitta dei repubblicani crea qualche frattura. Il segretario Alfano evita di prendere posizione tra le diverse in campo, esprimendo diplomatiche congratulazioni per il candidato vincente e «ammirazione per la democrazia americana che dà la possibilità ai cittadini di scegliere il loro presidente». E, per un Frattini che plaude a Obama («me lo auguravo»), c'è chi sta un po' di qua e un po' di là, come Brunetta, («tifavo Obama, anche se...») e c'è un Lupi che non si accoda e ammette: «Io tifavo per Romney».

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