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L'unione sarda. «A casa gli onorevoli»

Cagliari, la Consulta rivoluzionaria assedia il Consiglio regionale Sale e Floris: «Abbiamo un progetto, ci candidiamo a governare»

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«Ci chiedono se siamo l'antipolitica, gli emulatori dei grillini. No, siamo un popolo che non tollera più la sudditanza» (Bustianu Cumpostu, leader di Sardigna natzione, dal palco del sit-in della Consulta rivoluzionaria a Cagliari). Però, anche senza Grillo, questo è il vaffa-day della politica sarda.
ASSEMBLEA DEL POPOLO Un assedio pacifico al Consiglio regionale, il Palazzo d'inverno che i rivoluzionari vorrebbero espugnare simbolicamente per restituire la «sovranità» - parola d'ordine della giornata - al popolo. «Fuori, fuori», urla la folla (le stime finali parlano di 2.500-3.000 persone, ma gli organizzatori speravano in una risposta più massiccia). Chiedono le dimissioni dei consiglieri e della Giunta. Hanno montato una forca con quattordici cappi, che alludono a Equitalia e a tutte le regole che strozzano i sardi, ma forse anche a sanzioni drastiche.
Un drappello, a fine mattina, prova a espugnare davvero il Consiglio, abbordando la barriera di transenne su via Roma. Ma la pazienza dei front-men della polizia e l'intervento di alcuni leader (Gavino Sale, lo stesso Cumpostu) bastano a dissuadere gli esagitati. Del resto un'invasione sarebbe inutile: il Palazzo è vuoto, gli onorevoli non ci sono. Chi riuscisse a entrare potrebbe al massimo prendere un buon caffè al bar di signor Angelo, nulla più.
PROGETTO POLITICO L'assalto mancato regala una manciata di minuti un po' più rock nel corso di una lunga giornata di parole rabbiose, di sogni urlati a voce alta. Quella che si autodefinisce Consulta rivoluzionaria non è che il punto di confluenza di tante proteste di settore e di storie politiche diverse, che meditano un progetto comune. «Ci candidiamo a governare l'emergenza della Sardegna», rivela Felice Floris, capo del Movimento pastori sardi: «Il nostro è già un movimento politico, fuori dalle ideologie ma con rivendicazioni chiare».
Meno chiare, ma fantasiose, le piroette verbali di Gavino Sale: «Abbiamo una proposta di governo soluzionante », dice il leader di Irs. È lui che da mesi insiste sul concetto di sovranità, per andare verso l'indipendenza ma con juicio . Concetto declinato, nel manifesto della Consulta, nella versione energetica, fiscale, alimentare, ambientale, di mobilità, del sapere. «In Sardegna - riprende Sale - ci sono due forze che si scontrano. Anzi, così non mi piaghede : si confrontano. Sono le forze della conservazione e quelle del cambiamento».
LE SIGLE L'accento indipendentista della manifestazione è quello che prevale (ma si notano anche i Verdi di Roberto Copparoni). Il derby delle bandiere è vinto di misura da Irs su Sardigna natzione, ma ci sono Progres, A manca pro s'indipendentzia («a Cappellacci e Soru - urla Cristiano Sabino - dico che sono il problema, non la soluzione»), e i rappresentanti del Fiocco verde, comitato che ideò la proposta di legge popolare per l'agenzia sarda delle entrate, ora ripresa da Cumpostu. Si fa vedere Doddore Meloni, che pure non aderisce alla Consulta: «Io non chiedo dimissioni, sono istituzionale», sorride il re di Malu Entu, «potremo mandare la gente a casa col voto del 2014. Se insieme avremo su binticincu-trenta po centu , faranno i conti con noi».
È venato di indipendentismo il discorso di Giacomo Meloni, segretario della Confederazione sindacale sarda. Ma colpiscono di più, quei toni, nelle parole di Andrea Impera, portavoce delle partite Iva, che se la prende con Cappellacci: «I politici dicono che Roma non ci lascia fare nulla? E allora con Roma non ci stiamo».
SCENARI Impera, come Ambrogio Trudu del presidio di viale Trento, è il simbolo della confluenza di cui s'è detto: commercianti e pastori, artigiani e disoccupati, operai e studenti. «Siamo un blocco sociale», si sente dire. Qualsiasi cosa significhi, è la novità della giornata. Si stanno unendo energie finora disperse: se diventeranno un partito, un'alleanza, un polo per le Regionali o niente di tutto questo, lo si capirà presto. Di sicuro, qua c'è gente che ha voglia di contarsi in una competizione elettorale.
Giuseppe Meloni

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