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L'unione sarda. «Subito un riordino fondiario»

La polverizzazione dei terreni agricoli finisce per condizionare negativamente la crescita

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«La Sardegna ha bisogno del riordino fondiario e dell'accorpamento dei fondi rustici per sviluppare e rendere moderne le sue aziende». Oggi, però, il problema si chiama «polverizzazione», soprattutto nei territori caratterizzati da un'agricoltura intensiva. Da tempo sia Confagricoltura che Coldiretti sollecitano la Regione chiedendo una riforma, ma finora - ad eccezione dell'iniziativa di Pauli Arbarei - «non si è messo mano ad alcun progetto», lamenta Maurizio Onorato, direttore di Confagricoltura Sardegna, «nonostante già dal 2008 ne prevedesse la realizzazione su vasta scala lo statuto dei Consorzi di bonifica».
LA TENDENZA Se si considera che il 64% del territorio regionale (pari a 1.549.643 ettari) è superficie agricola utilizzabile (Sau) e che negli ultimi anni si è riscontrato un profondo cambiamento nel settore agricolo sul piano strutturale, si comprende, spiegano da Confagricoltura, «che l'Isola sta seguendo spontaneamente il trend dell'accorpamento fondiario». Il sesto censimento dell'agricoltura evidenzia, infatti, che a fronte di una contrazione nel numero di aziende si è rilevata una crescita della dimensione singola, soprattutto per quelle imprese comprese tra i 50 e i 100 ettari, che occupano più della metà della Sau totale.
LA MOZIONE «Guardiamo con soddisfazione e interesse alla recente approvazione in Consiglio regionale della mozione 169 (primo firmatario Giulio Steri), che va nella direzione di un accorpamento fondiario», sottolinea Onorato. «Ora è indispensabile che la Giunta proceda spedita a realizzare una misura volta a favorire la creazione ex novo di unità minime colturali, cioè terreni riuniti a formare una superficie minima, o a incrementare quelle già esistenti attraverso contributi che coprano l'intero ammontare di imposte e spese che altrimenti sarebbero a carico delle imprese».
LE CONSEGUENZE L'attuale frammentazione dei fondi rustici produce una serie di conseguenze antieconomiche sia in termini di costi di gestione sia di tempo. «Unificare i terreni di uno stesso imprenditore, spesso collocati anche in comuni diversi», sottolinea l'associazione presieduta da Elisabetta Falchi, «consente di investire in modo più oculato e proficuo le risorse che potrebbero essere destinate alle strutture, ai macchinari e alle attrezzature, con rilevanti risparmi anche sul fronte dei trasporti, sicurezza e sul numero di occupati». Evidenti sarebbero anche le ricadute positive sulle bonifiche, sulle reti idriche e sull'elettrificazione. «L'annosa questione della mancata regolarizzazione dei titoli di possesso delle particelle catastali», puntualizza Onorato, «riacquista centralità in vista della nuova Pac. Molto di frequente gli agricoltori si trovano costretti a rinunciare a formalizzare gli scambi o le permute di terreni, che andrebbero nella direzione dell'accorpamento, a causa degli elevati costi tecnici e notarili che spesso superano il valore stesso del terreno».
LA SEMPLIFICAZIONE Sulla stessa linea il direttore regionale di Coldiretti, Luca Saba: «L'approvazione della mozione va letta con sincero apprezzamento perché favorisce uno sviluppo in chiave moderna dell'intero comparto agricolo. La frammentazione della terra è un limite evidente». Stesso discorso per Ignazio Cirronis, leader di Copagri: «Ben venga qualsiasi azione finalizzata a risolvere il problema. La priorità è comunque rappresentata da una seria semplificazione delle procedure che determinano un'attuazione dei piani di riordino».
Lanfranco Olivieri

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