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L'unione sarda. In posa con la leggenda

Graziano ospite d'onore di sagre e inaugurazioni

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C'è chi lo ricorda assorto, ma proprio preso, mentre ascoltava Franco Califano cantare «Tutto il resto è noiaaa, noo, non ho detto gioiaaa...». Estate 2006, Porto Rotondo, apertura del Country Club. Il Califfo era lì per lavorare; Graziano Mesina era l'ospite d'onore. Guest star in un mondo di lustrini e paillettes. Se la cavò bene, d'altronde non doveva far altro che portare a spasso il proprio mito.
Tutti lo invitavano e lui che doveva fare? Ci andava. Serate inaugurali, tagli del nastro, sagre del formaggio, feste patronali. Da quando Graziano era tornato un uomo libero - sindaci, presidenti di Pro loco, assessori, nonché titolari di locali vari lo hanno cercato, reclutato e pure pagato. E lui, senza patente, viaggiava sempre accompagnato, negli ultimi tempi a bordo della Porsche Cayenne di seconda mano che aveva comprato per portare i turisti sul Supramonte. È stato ovunque, come un santo della pioggia. Due settimane fa era sul palco del Festival di Gorizia che per tema aveva i banditi. Graziano l'hanno servito in mezzo a Vallanzasca e Pancho Villa, e lui per far vedere che era del ramo si è buttato ancora una volta dentro il suo personale pozzo nero: la storia della liberazione di Farouk Kassam. Rievocazioni che, sia detto, non gli portano mai bene.
Sceso da quel palco ha firmato come sempre mille autografi. Come domenica scorsa alla sagra delle ciliegie di Osini. A braccetto col vicesindaco, ha salutato la folla e ha fatto le foto con i consiglieri comunali. Un sorriso, e Graziano faceva Mesina. (p.s.)

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