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L'unione sarda. Latte, patto per 30mila aziende

SETTORE OVINO. La proposta è nata da un'iniziativa dei consiglieri regionali Arbau e Cuccu

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Potrebbe contribuire a rilanciare il settore lattiero-caseario e, allo stesso tempo, scoraggiare le vendite di prodotti sottobanco. La costituzione di un'organizzazione interprofessionale sul “Patto del latte” riuscirebbe a rappresentare oltre il 10 per cento dell'economia sarda e a coinvolgere quasi 30mila aziende zootecniche ovi-caprine, su un totale di 46mila presenti nell'Isola. L'organismo permetterebbe a chi produce, trasforma e commercializza il latte ovino di avere anche una maggiore forza contrattuale nelle trattative con la Regione. Sono questi i punti cardine contenuti nell'ordine del giorno numero 98, proposto dai capigruppo consiliari della maggioranza e dell'opposizione, approvato all'unanimità la settimana scorsa in Consiglio regionale. Il provvedimento accoglie, in sostanza, le linee guida inserite all'interno del “pacchetto latte”, stabilito dall'Unione europea. La proposta è stata illustrata ieri a Cagliari dal primo firmatario Efisio Arbau, vice capogruppo di Sardegna è già domani-La Base, e dal consigliere del Pd, Giuseppe Cuccu.
IL PREZZO L'attuale prezzo corrisposto ai produttori per un litro di latte oscilla attualmente tra i 0,70 e i 0,75 centesimi di euro ed è condizionato soprattutto dall'andamento del pecorino romano sul mercato americano. Una somma che risulta non remunerativa, se si pensa che il 50% del valore aggiunto alla fine viene fagocitato dal settore commerciale. L'obiettivo che si vuole raggiungere è un costo di un euro al litro. Un traguardo che può essere raggiunto cercando di «incrementare il valore aggiunto di 200-300 milioni», ha sottolineato Arbau, «soprattutto abbattendo i costi destinati all'energia e all'approvvigionamento dei mangimi ma anche accorpando i costi di promozione del prodotto all'estero, che fino a oggi sono a carico dei singoli industriali». Il 70% del latte è utilizzato attualmente per la produzione del pecorino romano. «Per compensare gli eccessi di offerta», ha chiarito Cuccu, «si dovrebbe diversificare la produzione».
I RISULTATI Alla base del “Patto del latte” c'è la convinzione che produttori e industriali sardi possano ottenere risultati positivi e remunerativi, così come, ad esempio, avviene in Emilia Romagna e in altre regioni dove esiste un sistema agricolo ben strutturato. Dell'organizzazione interprofessionale farebbero parte produttori, industriali e associazioni di categoria. Attraverso un'attività di coordinamento, l'organismo potrebbe valutare la programmazione delle produzioni e, in base ai meccanismi della domanda e dell'offerta, decidere su quali tipi di formaggio puntare maggiormente, in che quantità e modi immetterli nel mercato. L'auspicio è innanzitutto quello di definire una normativa. Il superamento dei contrasti tra produttori e trasformatori potrebbe essere raggiunto con la mediazione dell'assessore dell'Agricoltura e della Commissione competente del Consiglio regionale.
L'ACCORDO Il consigliere di “Sardegna è già domani” Efisio Arbau, inoltre, ha sottolineato che allo stato attuale «si stanno predisponendo una serie di iniziative che però non riescono a produrre risultati. Siamo convinti che in questo momento i pastori e tutti coloro che si occupano della trasformazione del latte abbiano necessità di fare sistema, non di soldi». Secondo Cuccu si deve puntare su «un accordo di solidarietà fra i tre settori fondamentali. È importante riuscire a ripartire il rischio di impresa in modo equo tra produzione, trasformazione e commercializzazione. E non lasciare il carico, come sta accadendo, solo a chi produce».
Eleonora Bullegas

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