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L'unione sarda. «Sardi, unitevi per la zona franca»

Appello di Cappellacci per il sit-in di domani a Montecitorio

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Sogna, Ugo Cappellacci, una giornata come quel primo dicembre del 2005. Allora furono circa cinquemila i sardi davanti a Palazzo Chigi, per la vertenza entrate. «Sa die de sa Sardigna a Roma», titolarono i giornali: sembrava che un'Isola intera credesse in quella lotta. E forse era davvero così.
Ugo Cappellacci torna a Roma domani, certo non da solo, ma non avverte la stessa unità d'intenti di allora. E invece la vorrebbe perché la battaglia che lo porterà a manifestare in piazza Montecitorio vale, a suo giudizio, quella di otto anni fa. Stavolta si parla di zona franca. «Chiederemo - annuncia - un tavolo Stato-Regione dedicato alla fiscalità di vantaggio». Prima proposta: la modifica dello Statuto speciale, per consentire all'Isola di disporre liberamente gli sgravi.
L'INVITO «Resto stupito che ci si possa dividere su temi simili», dice il governatore, incontrando la stampa insieme ai capigruppo consiliari della sua maggioranza: «Ma voglio chiedere ancora a tutti i partiti di sostenere le rivendicazioni della Sardegna». Si rivolge in particolare a Silvio Lai, segretario del Pd che ha organizzato per domani, in contemporanea con l'iniziativa romana, un controraduno di amministratori locali a Cagliari.
L'appello del presidente della Regione è destinato a cadere nel vuoto, e lui lo sa. Ma insiste per sottolineare un concetto: «Col governo delle larghe intese, forse si può ottenere qualche risultato. Ma a patto di essere uniti. Vogliamo dare al nostro interlocutore la possibilità di dirci che neppure i sardi sanno cosa vogliono?».
È lo stesso Cappellacci a citare la manifestazione del 2005: «Anche l'opposizione di allora diede il suo sostegno, perché non era una battaglia di Renato Soru, così come quella sulla zona franca non è mia». Poi nomina una seconda volta il suo predecessore, quando ricorda di avergli detto di recente, proprio in un dibattito sulla zona franca, che «per raggiungere questo traguardo la Sardegna ha bisogno anche di lui e di tutta la sua classe dirigente».
FISCO «È un obiettivo difficile da centrare, ma non impossibile», ammette Giulio Steri (Udc), unico tra i capigruppo a prendere parola nella conferenza stampa di Villa Devoto: «All'Isola non interessa solo la zona franca doganale, circoscritta ai porti, che darebbe vantaggi relativi, ma la versione più integrale, che di certo non sarà facile ottenere».
Sulla fiscalità di vantaggio, la Regione ha verificato alcune convergenze nella recentissima assemblea della Commissione delle Isole d'Europa: «Stiamo mettendo insieme 15 milioni di persone e un milione e mezzo di sardi rischia di dividersi, è paradossale», riflette Ugo Cappellacci. Che non trascura, pur nell'appello ecumenico, le frecciate: anzitutto allo stesso Pd e ai suoi sindaci che non andranno a Roma. «Circa 350 Comuni dell'Isola hanno approvato delibere sulla zona franca che tracciano lo stesso percorso da noi auspicato. Quei sindaci erano distratti, quando i loro Consigli votavano? Un partito non può fare ai propri amministratori una tale violenza, imporgli di rinnegare se stessi». Altro bersaglio polemico, l'eurodeputato Idv Giommaria Uggias che venerdì, a Cagliari, aveva criticato il progetto zona franca della Giunta.
LE RICHIESTE Domattina, prima del sit-in, la Giunta si riunirà nella sede romana della Regione per approvare una delibera che sarà la summa delle rivendicazioni sulla fiscalità di vantaggio. A partire dalla modifica dell'articolo 10 dello Statuto speciale, che oggi permette alla Regione «esenzioni e agevolazioni fiscali», ma solo per «nuove imprese».
L'obiettivo è conquistare più autonomia sugli sgravi: «Per intenderci, se potessimo ridurre le accise, la benzina costerebbe meno», chiarisce Cappellacci. «Inoltre invochiamo l'attivazione immediata dei punti franchi doganali, e l'avvio dell'iter per dichiarare l'Isola territorio extradoganale». Iter che ha sbocco a Bruxelles, ma serve il supporto dello Stato italiano: «Finora il governo non ha risposto alle nostre lettere», conclude il presidente, «speriamo che la mobilitazione lo risvegli».
Giuseppe Meloni

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