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L'unione sarda. «Se tenete alla parità dite no alla riforma»

Laura Moro*

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La sciagurata decisione del Consiglio regionale di bocciare la doppia preferenza di genere può essere sconfitta.
Perché ciò accada è necessario che i consiglieri regionali che, subito dopo la votazione a scrutinio segreto, hanno espresso la loro contrarietà per quella scelta e si sono pronunciati a favore della democrazia paritaria, assumano un primo impegno: non votare a favore della legge elettorale, che dovrebbe quindi essere approvata con un numero di voti superiore alla maggioranza assoluta (41 consiglieri), ma inferiore ai due terzi.
Così, nei tre mesi successivi alla pubblicazione della legge, un quinto dei consiglieri regionali (16) o un cinquantesimo degli elettori della Regione (circa 30.000) potranno richiedere il referendum su una legge priva di norme per un'effettiva parità di genere per l'elezione del Consiglio regionale.
Ai consiglieri regionali ed ai parlamentari che si sono dichiarati favorevoli alla doppia preferenza di genere ed hanno condannato il colpo di mano che l'ha cancellata, chiedo, come consigliera regionale di parità, di assumere un secondo impegno: la sottoscrizione di un documento, possibilmente predisposto unitariamente dalle donne, con il quale richiedere al Governo di impugnare la legge elettorale di fronte alla Corte costituzionale.
Il riequilibrio di genere è ormai un principio costituzionale e ad esso debbono rispondere le regole che strutturano organizzativamente la rappresentanza politica a livello regionale. La Regione è quindi obbligata ad adottare provvedimenti concreti per il riequilibrio della rappresentanza dei due generi nell'Assemblea elettiva e il mancato rispetto di questo principio rende incostituzionali le norme per l'elezione del Consiglio regionale.
Non appare invece percorribile l'ipotesi di riservare a ciascuno dei due generi un numero fisso di seggi in Consiglio regionale (20 su 60). Questa scelta rischia, infatti, di essere respinta dalla Corte costituzionale, che si è pronunciata più volte contro regole che predeterminano “quote” (ovvero seggi) a favore di un genere.
Anche di fronte ad un quadro delle regole costituzionali assai più favorevole alla parità di genere, vi è comunque il rischio che la Corte ribadisca l'illegittimità di norme “discriminatorie”, che non si limitano a promuovere, ma addirittura garantiscono, una consistente presenza femminile nell'Assemblea legislativa.
Occorre quindi impegnarsi a favore di altre “azioni positive”, fra cui la più efficace si è dimostrata la doppia preferenza di genere come dimostra l'esperienza della Campania, sola Regione ad averla sperimentata, dove, nel 2010, grazie alla doppia preferenza di genere la presenza femminile in Consiglio regionale è arrivata a 16 consigliere (nella precedente legislatura solo 2 elette) e neppure una tramite il listino, eliminato con la nuova legge elettorale regionale.
L'inserimento della doppia preferenza nella legge elettorale per il Consiglio regionale è ancora possibile. La prima condizione, insieme all'impegno e alla determinazione di tutti, è che nei consiglieri regionali e nei parlamentari vi sia una coerenza, non ipocrita, fra le dichiarazioni e i comportamenti conseguenti, dimostrando nei fatti la volontà di rispettare i princìpi ed i valori della Costituzione e del nostro Statuto speciale.
*Consigliera di parità
della Regione Sardegna

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