Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'unione sarda. Legge elettorale in bilico

Domani il voto finale dell'aula: incertezza sulle scelte del Pd E i Riformatori ripropongono la doppia preferenza uomo-donna

Condividi su:

Chi vota la legge elettorale alzi la mano. O schiacci un bottone verde, come si usa in Consiglio regionale, ma il punto è: domani, in aula, quanti diranno sì alla riforma? Perché tutto dipende dai numeri: senza la maggioranza dei due terzi la riforma rischia (causa referendum) una vita brevissima. Dopo il pasticcio sulla preferenza di genere, quella soglia diventa più difficile da raggiungere. Il Pd sarà decisivo: il segretario Silvio Lai lascia intuire una posizione contraria, e intanto rilancia l'emendamento Soru che riserva alle donne 20 seggi su 60. Invece i Riformatori provano a riproporre la preferenza doppia.
I RIFORMATORI La loro è una sfida al regolamento consiliare, ma basata su un fatto oggettivo: il voto segreto di giovedì scorso non riguardava nello specifico la parità uomo-donna, ma la cancellazione dell'articolo 27 cui erano riferiti gli emendamenti sull'equilibrio di genere. Eliminando l'articolo, sono decaduti gli emendamenti.
Se fosse stata bocciata direttamente la doppia preferenza, sul punto non si potrebbe rivotare. Ma così non è, dicono i Riformatori: che quindi sfruttano la facoltà di presentare ancora degli emendamenti agli emendamenti. Quello firmato da Franco Meloni si aggancia appunto a quello di Renato Soru. «Crediamo che le forze politiche, stavolta, debbano assumersi per intero le proprie responsabilità e votare a scrutinio palese la preferenza di genere», afferma Meloni. «È una battaglia di civiltà», aggiunge il coordinatore Michele Cossa, «i giochini di Palazzo non ci piacciono».
IL PD Silvio Lai ha ribadito ieri che la legge «difficilmente potrà avere il consenso di chi ha sostenuto la doppia preferenza di genere». Eppure non è chiaro come si comporteranno i consiglieri democratici. Oggi Lai ne parlerà col capogruppo Giampaolo Diana, domani si riunirà il gruppo. «Decideremo insieme», assicura Diana, «ma c'è comunque bisogno di una nuova legge: dopo che i referendum hanno cancellato i confini delle Province, non esistono più i collegi elettorali. I ricorsi potrebbero travolgere le prossime elezioni regionali».
Il no del Pd non è quindi scontato, e questo potrebbe rinfocolare le convinzioni di chi, come Paolo Maninchedda, ha visto i democratici tiepidi sul tema: «Sono intervenuti solo in 4 su 17, mentre quando un tema è rilevante per il Pd in aula si sente», scrive sul suo blog il consigliere sardista, che ne ha anche per i Riformatori («sono seduto accanto a loro, non tutti la pensavano come dice di pensarla Cossa»).
LE DONNE Per superare lo scoglio, Silvio Lai invita a «non dare per scontata l'incostituzionalità» della norma sulle quote: «Il dibattito di questi anni ha modificato la valutazione della Consulta», con «vittorie impensabili su Giunte sciolte dai giudici per mancata rappresentanza di genere». La stessa quota sugli assessori, «prevista da noi nella legge statutaria, sei anni dopo è diventata norma nazionale».
Però alle donne del Pd l'emendamento Soru non piace: Francesca Barracciu, su Facebook, ha attaccato duramente l'ex governatore per i dubbi sulla doppia preferenza e per l'emendamento che «istituisce riserve indiane». L'ex consigliera Ivana Dettori, che già nel 2003 propose la doppia preferenza, spiega che «mentre questa norma va nel senso della democrazia paritaria, le quote sono una forma di riparazione di un'ingiustizia: in sé, fanno fare alle donne un passo indietro».
L'UDC Nella maggioranza, è prevedibile il sì del Pdl. Quanto all'Udc, il capogruppo Giulio Steri in aula si era speso convintamente a favore della doppia preferenza di genere, ma sottolinea anche i rischi di una mancata approvazione della riforma: «Con la vecchia legge si può sforare il numero di 60 consiglieri, vanificando il taglio dei seggi».
Giuseppe Meloni

Condividi su:

Seguici su Facebook