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La nuova sardegna. Ora la Procura indaga su tutti i gruppi

Acquisiti nuovi atti sui fondi. L’Inchiesta, sinora circoscritta a 20 consiglieri, si allarga e arriva alla legislatura in corso

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di Filippo Peretti

CAGLIARI Era nell’aria, si sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma ieri mattina, quando Carabinieri e Guardia di finanza si sono ripresentati per chiedere i documenti sui fondi erogati a tutti i gruppi, nessuno escluso, il Palazzo della politica sarda ha ripreso a tremare lo stesso. La Procura di Cagliari, infatti, ha deciso di allargare l’inchiesta avviata nel 2009 in seguito alla denuncia di una funzionaria: sinora l’inchiesta era rimasta circoscritta alla passata legislatura (2004-2008) e ai venti onorevoli quelli del gruppo misto e di Sardegna insieme, mentre ora è indirizzata a tutte le formazioni ed è stata estesa alla legislatura in corso. A provocare la nuova mossa della magistratura sarebbero state le affermazioni di alcuni indagati, i quali, agli inquirenti che chiedevano spiegazioni sulle spese rendicontate senza pezze giustificative, hanno risposto: «Era la regola generale, tutti facevano così». La visita di Carabinieri e Guardia di finanza è avvenuta quando il palazzo di via Roma era quasi deserto. Ma la notizia, diramata alle 13.31 dall’Agenzia Italia, si è subito diffusa nei diversi collegi elettorali dei consiglieri. Al momento non ci sono nuovi indagati. Il clima è pesante e la preoccupazione evidente: sia per il rischio di finire indagati, sia per le conseguenze politiche negative in epoca di forconi e in vista di elezioni. La presidente Claudia Lombardo ha però manifestato tranquillità. Si è limitata a dire: «Ho piena fiducia nell’operato della magistratura». L’inchiesta della magistratura si riferisce alle spese effettuate dai consiglieri regionali con i fondi destinati alle attività politico-istituzionali del gruppo di appartenenza. Nel 2011 – per dare l’idea della partita finanziaria – i gruppi hanno ottenuto 4,4 milioni di euro, di cui oltre la metà per il personale e il funzionamento degli uffici. Per i venti consiglieri già indagati dal 2009 l’accusa è di peculato. Gli accertamenti erano stati fatti nei confronti del gruppo misto e di Sardegna insieme perché la funzionaria che ha presentato la denuncia era stata alle dipendenze di queste due formazioni. Ora la procura vuole capire cosa succedesse negli altri gruppi. Per svolgere la propria attività ciascuna sigla ha una quota fissa più 2.500 euro circa per ogni consigliere. I soldi vanno utilizzati per fini politico-istituzionali e devono essere rendicontati a fine anno da ciascun gruppo. A parte gli usi impropri (che sono oggetti di acune contestazioni), sulla materia esistono due scuole di pensiero. Una sostiene che il gruppo politico ha l’obbligo della rendicontazione per capitolo di spesa ma non quello di presentare o conservare le pezze giustificative. Questo prevede infatti, senza escludere che singole formazioni potessero dotarsi di propri regolamenti più restrittivi, la direttiva data dall’ufficio di presidenza nel 1993 proprio per mettere un po’ d’ordine nel bilancio del Consiglio nella parte dei finanziamenti alla politica. Il principio della rendicontazione senza pezze giustificative è legato alla figura privatistica dei gruppi politici all’interno dell’assemblea legislativa. Una convinzione che di recente sarebbe stata avvalorata dal decreto del governo Monti che, dopo gli scandali in diversi Consigli regionali, ha reso obbligatoria la rendicontazione con le pezze giustificative di ogni spesa. L’altra scuola di pensiero è quella della procura di Cagliari e condivisa dal giudice delle indagini preliminari, Cristina Ornano, che solo poche settimane fa ha rigettato l’eccezione di “insindacabilità” dell’operato dei legislatori sollevata dai difensori di alcuni indagati. In poche parole: se non c’è la pezza giustificativa non è possibile accertare se il rendiconto formale sia corrispondente alla realtà. Il punto è delicato e sarà, escludendo i casi di usi impropri ad esempio delle carte di credito dei gruppi, ancora al centro del confronto tra accusa e difesa. Un confronto che è sembrtato partire sulla stessa legittimità del contributo per il finanziamento di attività politiche e non strettamente istituzionali e che si è poi concentrato sul come sono stati realmente utilizzati i fondi: se cioé sono state rispettate le direttive del 1993 che prevedevano spese politico-istituzionali, cioè convegni e pubblicazioni, iricorso ad esperti per la preparazione delle leggi, rimborsi spese, documentazioni.

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