La crisi non si placa in Sardegna, nonostante qualche timido segnale, «poche lampadine ma non la luce alla fine del tunnel». Giuseppe Cuccurese, direttore generale del Banco di Sardegna e presidente nell'Isola di Abi, l'associazione bancaria italiana, traccia il quadro a tinte fosche dell'economia sarda per spiegare lo stato di salute del credito. Che non può essere buono visto che le imprese non crescono, i consumi frenano e gli investimenti languono. L'ottimismo però non manca e soprattutto la volontà di accompagnare le imprese verso l'uscita dal tunnel.
I NUMERI A marzo 2013, il settore del credito ha finanziato imprese e famiglie in Sardegna con 25,4 miliardi di euro (-3,5% rispetto al 2012). «Colpa dell'economia sarda, basata soprattutto sul turismo e sui consumi e quindi più colpita dalla crisi, con le famiglie che hanno meno ottimismo, e dal calo di investimenti pubblici», spiega Cuccurese. La concorrenza in Sardegna sul fronte bancario non manca, con 27 istituti (molti locali) per un totale di 673 agenzie, 757 sportelli bancomat e 37.222 Pos (le apparecchiature per il pagamento elettronico). Numeri che hanno permesso agli istituti di credito di mettere insieme depositi per circa 21,1 miliardi di euro, «un segnale di fiducia dei risparmiatori», afferma ancora il presidente dell'Abi. I finanziamenti alle imprese sono stati invece pari a 12,4 miliardi (-4,4% rispetto al 2012), mentre i prestiti alle famiglie 10 miliardi con un calo del 2,2% rispetto al 2012.
SOFFERENZE Il discorso si fa più difficile quando si affronta il tema delle sofferenze. Nonostante la moratoria sui mutui (che ha interessato nell'Isola 1.133 contratti) e le ristrutturazioni dei crediti con l'allungamento dei termini di pagamento (in Sardegna ha riguardato il 2,5% degli 86mila finanziamenti interessati dal programma per un valore complessivo a livello nazionale di 27 miliardi e una liquidità liberata di 3,9 miliardi), le sofferenze (i crediti difficili da esigere) sono cresciute: 2,8 miliardi, il 10,8% nel rapporto con gli impieghi (una percentuale doppia rispetto alla media nazionale).
L'ANALISI Tirando le somme, ha spiegato Cuccurese, bisogna rimboccarsi le maniche e «fare in modo che ognuno si assuma la propria responsabilità , a iniziare dalle banche, che devono migliorare nel concedere credito, selezionando i prestiti sulla base di criteri nuovi». Inutile applicare gli stessi parametri a tutte le imprese, ognuna ha esigenze differenti, ha spiegato Cuccurese, «ed è inutile basarsi sulle garanzie, che oggi spesso non sono sufficienti a coprire il credito concesso, visto che le aste vanno deserte e il bene si svaluta. Meglio selezionare l'attività sulla base della capacità dell'impresa di generare flussi di ricavi e reddito». E le imprese, dal canto loro, devono essere capaci di fare rete e costruire business plan adeguati al mercato. Una svolta a cui tutti devono partecipare per uscire fuori dal tunnel della crisi.
Giuseppe Deiana