di GIORGIO PISANO
Il bello di Giorgio Oppi, eminenza protodemocristiana in Consiglio regionale, è che non recita: si mostra per quello che è, un fuoriclasse della clientela, senza rossori. Ovviamente non adopera termini così brutali: «Io non faccio clientelismo, aiuto la gente». E quando si sente dire che all'ospedale Santa Barbara di Iglesias è lui a decidere anche gli spostamenti degli infermieri, inarca il labbro in un ghigno di stupore e giura: «Non conto niente nella sanità». Lo dice serio, mica gli viene da ridere. L'unica fragilità, davvero singolare in un'intelligenza politica come la sua, è il tormento dell'anagrafe: «Dobbiamo proprio parlare della mia età?» Over settanta, comunque. Geologo, capitano di lunghissimo corso in Regione, collezionista di legislature («navigo nella quinta abbondante», ma in realtà è alla sesta), è il segretario dell'Udc sarda. Del leader nazionale, Pierfurby Casini, confessa che «porta sfiga, elettoralmente parlando». Meglio, quindi, che il suo nome non compaia nelle liste.
Si dichiara un guerriero e pronto a non ricandidarsi alle prossime Regionali «a patto che non mi provochino. Altrimenti resto». Dicono abbia una memoria formidabile che gli serve per far rispettare il contratto a vita stipulato coi suoi elettori.
La politica è pura contabilità di voti?
«Mannò, è passione. Da ragazzino ho fatto sport, correvo i quattrocento metri, e questo mi è servito quando mi sono avvicinato alla Dc».
Ora si è specializzato nella maratona.
«In politica mi considero un mezzofondista».
Esiste davvero il quaderno dove annota favori e cortesie?
«Macché. Una volta ricordavo tutto, sapevo per esempio - Comune per Comune - quanti amici avevo. Favori? Li ho fatti e li faccio senza guardare l'appartenenza politica. Anche se poi non si chiamano sempre nello stesso modo».
Cioè?
«Se un favore me lo chiede un collega della sinistra si chiama solidarietà, altrimenti è clientelismo».
Lei ha rapporti col mondo, Mesina compreso.
«Altra favola. Non ho mai cenato con lui al Pepero di Porto Cervo, come è stato scritto: non c'ero. L'ho conosciuto a Oliena durante un'assemblea, è venuto a complimentarsi dicendo che ero un uomo con gli attributi. Io ho semplicemente convinto un amico imprenditore, visto che Grazianeddu ce lo chiedeva, a regalare un camion di granito per la costruzione d'una chiesetta intitolata alla beata Antonia Mesina».
La definiscono un gangster della politica.
«Credo d'essere esattamente il contrario. Ho fatto rinunce per dimostrare che sono una persona seria».
Però se ha un obiettivo da raggiungere, va dritto al bersaglio.
«Sicuramente: questo vuol dire essere un gangster della politica?»
Lei è stato assessore a tutto.
«Nossignore. Sono stato solo il più longevo assessore alla Sanità e, dopo, all'Ambiente. Basta, per una decina d'anni sono rimasto senza incarichi. Sul mio conto corrono molte leggende».
Candidato alle ultime Politiche, è stato trombato. Cosa non ha funzionato?
«L'alleanza con Mario Monti. È stata una débâcle. Ero contrario, non ho mai creduto a questa coalizione. Ho cortesemente accettato di candidarmi per portare consenso, l'ho fatto per il partito».
Ma non è andata. Un segno del declino di Giorgio Oppi?
«Normalmente nella mia città io rastrello circa tremila voti. In quella occasione ne abbiamo preso milletrecento. Qualcuno ha creduto davvero che fosse un segno di declino. A distanza di tre mesi, alle Comunali di Iglesias, siamo arrivati al 35,6 per cento».
Quanto pesate elettoralmente?
«In campo nazionale il 2 per cento, in quello regionale arriviamo, a mio parere, al sette».
Com'è possibile che un partito così piccolo abbia uomini dappertutto? Una specie di piovra.
«Grazie al tipo di lavoro che facciamo, alle nostre idee insomma. Nonostante il partito nazionale, abbiamo una straordinaria capacità dinamica».
E un segretario nazionale, Lorenzo Cesa, condannato per corruzione. Reato poi prescritto.
«Sì, Cesa ha avuto qualche problema con la giustizia. Noi siamo un'altra cosa. Siamo autonomi. Autonomi sul serio».
Avete uomini all'Igea, al Consorzio industriale, alla Asl 8, alla Carbosulcis: è questa la politica?
«Normali spartizioni. Prima di noi in molti di questi enti c'erano militanti del centrosinistra. Eppoi, credetemi, alcune sono scatole vuote».
Non la Asl 8 di Cagliari.
«Vi spiego com'è successo. Quando abbiamo vinto le elezioni regionali del 2009 ci spettava la presidenza del Consiglio. Io ho deciso di rinunciarci in cambio di una prima scelta: la Asl. Tutto qui».
Perché dicono che lei è il padrone del Sulcis?
«Chiacchiere. Per quanto riguarda la sanità, non contiamo. Appartiene ai Riformatori. E dove ci sono i Riformatori non possiamo esserci noi».
Eppure, in fondo, sono vostri fratellastri.
«Lo so. Hanno avuto la sfacciataggine di dire che l'avevo rovinata io la sanità nel Sulcis. Io? Ma se la gente vorrebbe che tornassi».
Era assessore all'Ambiente quando i cantieri forestali del Sulcis hanno ricevuto più contributi di tutti.
«E allora? Ho sfruttato un provvedimento che metteva a disposizione risorse per creare posti di lavoro. È vero che il Sulcis ha avuto la fetta più grossa ma solo perché conta molti Comuni».
Quante assunzioni ha ottenuto?
«Assunzioni no, ho aiutato molta gente».
Lei è considerato un genio del clientelismo.
«Errore, non so cosa sia. Non l'ho mai praticato».
Non crede che lo slogan “Io c'entro” sia perlomeno imbarazzante?
«Solo perché mi sono procurato la stima e la simpatia di tanti?».
Mai scivolato in un avviso di garanzia?
«Quando occupi posti di responsabilità è inevitabile. Ho ricevuto una comunicazione giudiziaria per la realizzazione di un capannone: prosciolto».
Ha pianto molto per il divorzio da Scelta civica?
«Per niente. Casini ha clamorosamente sbagliato ad allearsi con Monti».
Ugo Cappellacci è stato un buon presidente di Regione?
«Poteva fare di più. Ha commesso qualche errore nella fase iniziale, adesso si sta muovendo freneticamente perché è già in campagna elettorale. Il suo vero problema è che non è circondato dalle persone giuste».
Sveliamo un mistero: perché si è dimesso da assessore all'Ambiente?
«Stress. Sono stato poco bene e siccome la processione dietro la mia porta continuava ad esserci, ho preferito fare una pausa».
Oltre che sistemare amici, che ha fatto?
«Credo di aver fatto varare molte leggi. Quand'ero deputato sono riuscito a far passare la legge sugli handicappati, ho risolto il problema degli invalidi civili, favorito i bisogni degli ospedali. E potrei fare un esempio calzante».
Sentiamolo.
«Sono stato ricoverato in Nefrologia al Brotzu. Un giorno ho scoperto che avevano un sogno: gli serviva un robot per poter fare certi interventi chirurgici d'avanguardia ma non c'erano i soldi per acquistarlo. Allora cosa ho fatto io? Appena mi hanno dimesso, sono andato in Commissione sanità e ho perorato la causa fino a quando non sono riuscito a ottenere quello che volevo. Il robot è costato più di tre milioni di euro ma ha consentito finora di svolgere ottocento interventi. Capito perché mi vogliono bene?»
Ingrati.
«Per tanti anni non ne ho conosciuto neppure uno. Ho ricevuto affetto che mi ha riempito il cuore e più del cuore. Solo di recente ho scoperto che qualcuno si era dimenticato di quello che avevo fatto per lui. Nomi? Non è elegante farlo ma so molto bene chi sarebbe pronto a pugnalarmi alle spalle».
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