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L'unione sarda. «Un'emergenza sociale dimenticata»

Supramonte e Gennargentu infestati dai maiali uccisi dalla peste

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Dal nostro inviato
Michele Tatti
ORGOSOLO «Ben vengano le inchieste se, oltre a punire eventuali abusi, fanno riaccendere i riflettori su una emergenza sociale e sanitaria dimenticata». Dionigi Deledda, sindaco di Orgosolo, parte all'attacco, conscio che non riguarderebbero il Supramonte gli accertamenti della Direzione distrettuale antimafia sullo smaltimento delle carcasse degli animali abbattuti o uccisi da pesti varie. «Sia chiaro, noi siamo le vittime: dal 2005 ventisei orgolesi sono finiti in ospedale, alcuni anche in gravi condizioni, per colpa della trichinella. L'anno scorso non abbiamo avuto nessun caso anche perché la gente mangia le carni suine ben cotte e sta attenta alla salsicce semi-fresche, ma il rischio resta altissimo».
ALLARME SILENZIATO Forse è la prima volta che un'inchiesta della magistratura strappa il sorriso a Orgosolo. Anche perché riporta sotto i riflettori un problema accantonato da troppo tempo: il (mancato) smaltimento delle carcasse degli animali morti. Secondo un censimento, nei nove paesi a rischio-trichinella del Gennargentu pascolerebbero clandestinamente almeno ventimila maiali. Se nell'indagine epimediologica effettuata l'anno scorso dall'Istituto regionale zooprofilattico è emerso che il tre per cento dei capi è contagiato dalla trichinella, sarebbero almeno 800 i suini infetti soprattutto nei terreni comunali di Supramonte e Gennargentu.
LARVE SENZA BARRIERE Molti di questi animali semiselvatici possono essere colpiti e morire di peste Africana: le carcasse restano preda delle volpi (infettate dalla trichinella al 35 per cento degli esemplari analizzati) e degli stessi maiali che, contagiati, portano a loro volta la trichinella a spasso.
SMALTIMENTO IN DIGA Eppure la bonifica dei territori comunali dalle carcasse è basilare nella prevenzione sanitaria. Lo sanno bene proprio a Orgosolo dove animali morti senza padrone sono stati addirittura segnalati nelle acque di Olai, la diga che alimenta le reti idriche di mezza Barbagia. Spesso poi è un fiume a segnare nella sua riva nera l'assenza di controlli e tutele e in quella bianca un minimo di prevenzione. L'ultima volpe contagiata dalle larve di trichinella è stata infatti catturata nelle campagne di Isteone , Supramonte orgolese a pochi metri dal confine di Talana e Villagrande.
SPARTIACQUE BUROCRATICO Limite segnato da un fiume, barriera fisica e geografica tra l'Ogliastra dove è in vigore un accordo di programma tra Provincia e organizzazioni professionali proprio per lo smaltimento dei rifiuti agricoli (carcasse animali comprese), e la Barbagia terra senza regole e incentivi. «Un patto che nel Nuorese non siamo riusciti a stringere», spiegano Simone Cualbu e Aldo Manunta, presidente e direttore della Coldiretti, «ci auguriamo, oltre che estenderlo, venga riconfermato dopo la cancellazione della Provincia Ogliastra per non salassare chi vuole rispettare le regole».
TARIFFE PROIBITIVE Ed ecco il problema del sostanziale monopolio messo in piedi dalle due società (ma una dopo il blocco causa-peste non può ritirare le carni suine che smaltiva oltre Tirreno) operative in Sardegna. In sostanza un pastore che si ritrova con una bestia morta, per smaltire la carcassa deve sborsare 150 euro per il viaggio e 20-30 centesimi per ogni chilo da distruggere, mentre nel caso della peste suina africana su deroga Asl e Comuni gli animali possono essere interrati. I pastori che non possono sopportare questo costo, lasciano le carcasse all'aperto, trasportandole magari lontano dalle aziende e, soprattutto, evitando di avvisare il veterinario.
ESEMPIO VIRTUOSO Un problema in via di soluzione a Bitti dove grazie alla caparbietà del sindaco Giuseppe Ciccolini e dell'assessore-veterinario Sergio Gabrielli nei prossimi giorni saranno aperte le buste per l'apertura di un ecocentro unico in Sardegna per il ritiro delle carcasse delle pecore morte in un distretto (Bitti, Orune,Lula, Osidda, Nule) dove pascolano circa 140 mila ovini e si registra una mortalità media del 5-8 per cento. «Abbiamo dovuto lavorare quattro anni per dare ai nostri allevatori l'opportunità di una gestione regolare», spiega Ciccolini ricordando un'altra emergenza sanitaria: Bitti e Orune hanno la più alta incidenza di casi di echinococcosi in Europa.

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