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L'unione sarda. Isola delle storie, sguardi oltre le mura proibite

Gli scandali vaticani e la violenza domestica ultimi temi al festival di Gavoi

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Dal nostro inviato
Celestino Tabasso
Gavoi. Se una mattina d'estate un viaggiatore fosse capitato a s'Antana 'e susu, dove Simeone Latini ridava voce e ritmo all'inchiostro intramontabile di Italo Calvino, allora avrebbe notato che a volte - soprattutto di domenica, soprattutto in un paese - accadono piccole eleganti coincidenze.
Ieri, per esempio, dopo che Latini ha raccontato la follia ornitologica del Barone Rampante, che a forza di stare sui rami si identificava negli uccelli e li istruiva e li ammoniva dalle pagine del suo giornale, sul balcone è comparso Marco Malvaldi. E quando il giallista toscano inventore del Bar Lume ha raccontato di quando era un adolescente così sfigato «che mi mandavano a cagare anche i gabbiani», in quell'istante come per risarcirlo ecco passargli a un palmo dal naso uno stormo di rondini che stridono e chiamano e sfrecciano in formazione compatta.
E Malvaldi, allegro, ringrazia l'Isola delle Storie «per l'impeccabile organizzazione», così come poco prima aveva ringraziato «perché parlare di domenica mattina a un intero paese da un balcone è un'esperienza che generalmente spetta solo a uno. Ma di cose vaticane vi dirà meglio di me Gianluigi Nuzzi».
E in effetti a mezzogiorno, in un sagrato di Sant'Antriocu zeppo di ascoltatori, è arrivato l'autore di “Sua Santità”, l'inchiestista detestato nei Sacri Palazzi per aver raccolto le confidenze di “Paolo-Gabriele-il-maggiordomo-infedele”, come i mass media chiamano in automatico l'uomo che per liberare il Papa da un cerchio per nulla magico ha rivelato i segreti ai quali aveva accesso. Nuzzi (al quale il Vaticano ha negato l'accredito in sala stampa in occasione del conclave che ha eletto Bergoglio dopo le dimissioni di Ratzinger) ha diviso la scena con Michela Murgia. Secondo il programma sul palco doveva esserci Loredana Lipperini, ma un contrattempo le ha impedito di arrivare a Gavoi e quindi in via eccezionale («La nostra regola è che gli organizzatori del festival qui non presentano le proprie opere») a sostituirla è stata la Murgia, che con la Lipperini firma il libro sul femminicidio “L'ho uccisa perché la amavo troppo”.
Come sottolineava il moderatore dell'incontro, Federico Taddia, si è trattato di un confronto fra due esplorazioni oltre le ultime mura proibite: quelle di casa, dove l'assalto alle donne si consuma in percentuali maggioritarie, e quelle vaticane. Fra le mura domestiche - ha spiegato la Murgia - avvengono sette atti di violenza sulle donne su dieci, alla faccia della propaganda che negli anni Novanta e parte dei Duemila abbiamo dovuto ascoltare sugli stranieri venuti a stuprare e assalire le mogli e le figlie degli italiani. Eppure quando lo diciamo, e quando raccontiamo che il femminicidio generalmente nasce da un atto di insubordinazione della donna che non accetta più un meccanismo di sottomissione, ci viene chiesto «perché mai vogliamo mettere su questa guerra fra uomini e donne», come se il perpetuarsi di questa realtà non dipendesse dalla sua dissimulazione.
Diversi i meccanismi d'Oltretevere, dove (con buona pace dell'oportet ut scandala eveniant) il disvelamento di realtà imbarazzanti non produce effetti. «Nei giorni in cui Paolo Gabriele fotocopiava per me i documenti che ho usato nell'inchiesta Monsignor Scarano, almeno secondo gli inquirenti italiani, compiva le peggiori nefandezze in campo finanziario. Risultato: il Vaticano ha fatto arrestare uno dei due. Quello che faceva le fotocopie».
E allo stesso modo - prosegue il cronista che si sentì domandare terrorizzato da un importante direttore di giornali: «Non mi avrai mica citato nei ringraziamenti del tuo libro? - la rivelazione dell'imboscata ai danni di Dino Boffo non ha avuto ripercussioni sulla catena di comando dello Stato Pontificio: «Dimissionario, il direttore dell'Avvenire, definito noto omosessuale da un'informativa di polizia falsa e fatta filtrare alla stampa, scrive al Papa che il segretario di Stato non poteva non essere a conoscenza di tutti i passaggi del complotto contro di me». Risultato: il Papa è cambiato, il segretario di Stato è sempre Bertone.

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