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L'unione sarda. Inchiesta-rimborsi Bocche cucite, in vista altri avvisi?

CONSIGLIO. Gli sviluppi

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I primi avvisi di garanzia notificati nell'ambito dell'inchiesta-bis sui fondi ai gruppi all'assessore Sergio Milia e al consigliere Sergio Obinu, che dal 2009 ad oggi si sono alternati nell'incarico di tesorieri dell'Udc, preannunciano un'estate caldissima per la politica sarda. Il fronte giudiziario, sino ad oggi rimasto ai margini del dibattito tra i partiti, potrebbe diventare ben presto centrale e cambiare persino le prospettive future in proiezione elezioni regionali.
Dalla Procura di Cagliari, che dal novembre scorso ha iniziato ad acquisire tutti i documenti relativi alle spese fatte dai gruppi consiliari nella passata e nell'attuale legislatura, non filtrano indiscrezioni e il riserbo è totale. Ma la sensazione è che all'orizzonte si stiano addensando nuvoloni poco rassicuranti. Per mesi carabinieri e guardia di finanza hanno frugato su incarico del pm Marco Cocco nella montagna di carte recuperate dall'ufficio di Presidenza della Regione, analizzando scontrino per scontrino come siano stati spesi i soldi pubblici - oltre 20 milioni di euro dal 2004 ad oggi - destinati all'attività politica e istituzionale dei gruppi. Un'attività certosina e faticosa che starebbe però facendo emergere - fanno sapere i beni informati - «cose parecchio interessanti». Il che lascia supporre che l'elenco degli indagati rischia di allungarsi in tempi molto brevi e che nelle prossime settimane altri consiglieri o ex consiglieri potrebbero ricevere inviti a comparire identici a quelli spediti ai due esponenti Udc.
Riguardo a questi ultimi ancora non è chiaro se si presenteranno davanti al pm per farsi interrogare. Obinu, fuori dall'Isola per impegni personali, ha detto di non aver ancora ricevuto alcun atto. Quanto a Milia, che è stato convocato per il 18 luglio in Procura, la decisione non è stata ancora presa. «Stiamo valutando il da farsi - ha detto il suo legale, l'avvocato Luigi Concas -, in questi casi è sempre molto difficile rispondere alle domande quando non si conoscono nel dettaglio le contestazioni».
Nel capo d'imputazione all'assessore alla Cultura viene chiesto conto di 90 mila euro che sarebbero stato spesi indebitamente all'epoca in cui era l'amministratore-tesoriere del gruppo del suo partito, ruolo che ha ricoperto dal 2009 sino al 2010, anche se lui l'altro ieri ha precisato di essere sicuro che «neanche un euro è stato utilizzato per fini che non fossero quelli istituzionali e violando i regolamenti» dicendosi «assolutamente sereno e fiducioso». ( m. le. )

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