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L'unione sarda. Primarie, varato il codice etico

No a condannati e incompatibili, dialogo con l'area sovranista

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Il codice etico - quello del Pd elevato al rango di riferimento per la coalizione - è stato approvato ieri e il centrosinistra ora apre la porta ai movimenti sovranisti in vista delle Primarie. Ma il nodo delle incompatibilità resta aggrovigliato. Ad esempio Renato Soru potrebbe non essere della partita, anche se non fa parte della categoria dei condannati né del girone degli incompatibili per rinvio a giudizio in base al decreto anticorruzione. Potrebbe tuttavia decidere di candidarsi comunque, nonostante gli impicci col fisco: in questo caso dovrà rispondere all'elettorato delle sue vicende personali, estranee quindi al dibattito politico. Per lui, come per altri aspiranti governatori con guai giudiziari (anche alla luce dei possibili sviluppi dell'indagine sui fondi ai gruppi), dovranno essere i partiti a prestare opera di convincimento sull'inopportunità di una discesa in campo.
SCONTRO La polemica continua a covare sotto la cenere dopo il vertice che ha coinvolto in via Emilia Pd, Sel, Idv, Rossomori, Centro Democratico, Verdi, Psi, PdCi, Prc e Upc. Porte sbarrate alle primarie a chi è stato condannato in primo grado anche per corruzione? Ok, ma per l'Upc la regola deve essere specificata meglio, ed estesa ai candidati rinviati a giudizio: «Tutti». Nessun riferimento diretto, ma il bersaglio sembrerebbe proprio l'ex governatore: «Ci siamo astenuti sulla proposta del codice etico del Pd e ora porteremo la questione in direzione regionale», dice il segretario Enrico Piras. «Chi deve essere candidato a governatore non può avere rinvii a giudizio o condanne per concussione, corruzione, estorsione ed evasione fiscale. Nel codice etico la regola va specificata meglio, estendendola ai reati contro lo Stato relativi ad attività personali, come appunto l'evasione fiscale».
LE RICHIESTE DI SEL Il Pd invece è più morbido, su questa linea sostenuto da Sel: «Il codice etico dei dem va bene, sul nodo incompatibilità siamo stati noi a lanciare un appello ai partiti affinché pesino i casi e valutino le situazioni di opportunità politica relativamente a certe proposizioni», dice Francesco Agus, segretario provinciale di Cagliari di Sel. «Aggiungiamo che non si può candidare alle primarie per la presidenza chi ha ricoperto incarichi di governo col centrodestra o chi non si riconosca nel centrosinistra, come gli indipendentisti e i sovranisti». Ancora Agus: «Col sostegno degli alleati ci siamo opposti alla regola del doppio turno, su cui ora il Pd ammette di non avere una linea unitaria. Non vogliamo che si ripeta in Sardegna l'esperienza dello scontro Bersani-Renzi, con il ritiro di quest'ultimo dalla campagna elettorale una volta perse le consultazioni. Inoltre, alla luce dei possibili accadimenti politici nazionali di luglio, abbiamo chiesto di spostare la presentazione delle candidature dal 31 luglio a dopo Ferragosto». Per Sel un dato è assodato: «Il presidente dev'essere chiaramente dell'area del centrosinistra».
L'AREA SOVRANISTA Il fatto che la coalizione sarà qualcosa di più vasto è un altro discorso: eventuali arricchimenti della formazione potranno essere valutati lunedì 22 luglio, sempre in via Emilia, giorno in cui l'alleanza dovrebbe discutere anche del regolamento delle primarie. Area sovranista che sabato 20 Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda raduneranno a Losa per «sviluppare un programma di governo della Sardegna fondato sulla coscienza della sovranità da esercitare e da conquistare». E verso cui si registra un'apertura del centrosinistra. Diverso il discorso per Michela Murgia, cui viene chiesto - in linea generale - di fare una scelta di campo chiara. Silvio Lai, segretario del Pd, conferma «l'incontro con il movimento di Maninchedda e Sedda, ma anche con altre forze di quell'area per parlare di programmi». Ma per un'eventuale partecipazione alle primarie da candidato alla presidenza di Maninchedda (come pure della Murgia) per ora le porte sarebbero chiuse. L'Upc ribadisce: «Michela Murgia non ci rappresenta niente», conclude Enrico Piras: «Al tavolo siedano partiti e movimenti, non persone».
Lorenzo Piras

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