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L'unione sarda. La lunga corsa della scrittrice

Michela Murgia ha deciso: si candida alla presidenza

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dal nostro inviato
Giuseppe Meloni
NUORO Si candida (sì, si candida: c'erano ancora dubbi?) con un largo sorriso, e una dichiarazione d'amore per la sua terra. E fin qui può sembrare la discesa in campo di Berlusconi, ma lei è Michela Murgia. Un film diverso, anzi una diversa “narrazione”. Una scrittrice che vuole riscrivere la Sardegna, alla guida di una coalizione con gli indipendentisti di Progres e liste civiche non necessariamente indipendentiste.
L'annuncio della candidatura arriva alla fine dei "Dies de festa" al teatro Eliseo di Nuoro, ed è accolto da un minuto di applausi. Tributati da 7-800 persone (molti giovani) che fin lì si erano esaltate per l'ottimismo del segretario di Progres Franco Contu, incuriosite per il piglio di Romina Congera, un passato nel Prc e nella Giunta Soru, il simbolo dell'apertura a chi non crede (ancora) nell'indipendenza; e commosse per gli accenti lirici di Bachisio Bandinu sulla difesa del territorio.
I SARDI Il progetto di Michela Murgia inizia da un viaggio. Reale, anche se sembra letterario. Due mesi di incontri in giro per l'Isola, un'antologia di ciò che questa terra può dare. E creare. “Storie normali”, dice lei citando l'imprenditore con 70 dipendenti, l'apicultrice, gli artigiani che trasformano i metalli in ricchezza. Gente che di nome fa Sechi, Usai, Mele, Busia. Una Spoon River dove non c'è il disincanto dei morti di Edgar Lee Masters ma una vitalità inattesa: che ridicolizza, secondo la neo-candidata, «tutte le volte che abbiamo detto che i sardi non sono capaci, né imprenditori, né collaborativi, ma invidiosi».
TRE RISORSE Il rovesciamento dei luoghi comuni è una delle suggestioni forti della serata nuorese. Lo confermano i tre «giacimenti di risorse preziose» da cui la scrittrice vuol ripartire: i saperi, la terra, le nuove economie. «Il primo giacimento siamo noi, la nostra intelligenza». Ci dicevano che “qui non c'era niente”, ma c'eravamo noi. Una narrazione mortifera ci ha fatto scomparire anche davanti a noi stessi». Cambiare prospettiva significa investire in istruzione e cultura, in saperi antichi e nuovi.
La seconda risorsa è la produttività della terra: «Chi produce cibo di qualità ha in mano un bene che vale mille fabbriche. L'agricoltura deve ritornare centrale nelle politiche». Certo, «non saremo tutti contadini». Ma c'è il terzo giacimento: Murgia immagina di «fondare la nostra economia sulla produzione e vendita di energia da fonti inesauribili e che non inquinano», anziché «regalare vento e sole ad aziende di tutto il mondo». Sull'industria, un'altra prospettiva rovesciata: i gruppi industriali non sono una risorsa della Sardegna, «siamo stati noi, a colpi di milioni pubblici, una risorsa per loro».
LE SCELTE Programmi dettagliati? A dicembre, quando - promette Michela Murgia - «saprete anche chi saranno gli assessori. Ben prima del voto: ce lo possiamo permettere perché non abbiamo correnti che litigano, o un capo supremo che detta ordini dalla sua villa».
La stesura del programma sarà il lato più sperimentale. Dai prossimi giorni decine di attivisti batteranno l'Isola per «ascoltare i sardi, i loro problemi e prospettive». In autunno le «risposte condivise» (le scelte operative) saranno formulate con tecniche di coinvolgimento dal basso, coordinate da Iolanda Romano, esperta di processi partecipativi.
CON CHI Non promette la Sardegna indipendente, ma è agli indipendentisti (come lei) che la scrittrice si rivolge quando parla dei compagni di strada: «Sappiate che questa è casa vostra, qui non dovrete mai camuffare con furbi neologismi la sola parola che ci rappresenta: indipendenza». Un siluro al cosiddetto sovranismo.
Non perde tempo, Michela, a ribadire ciò che tutti in sala sanno, cioè che non c'è mai stata l'idea di partecipare alle primarie del centrosinistra. Rivela semmai che «nessuno mi ha mai chiesto di farle: se lo sono minacciati tra loro». Detto questo, si rivolge «ad amici e amiche del centrosinistra, elettori traditi dalle guerre tra potentati», stufi di votare solo “contro”. Ma fa appello anche a chi votava il centrodestra, «specie imprenditori e imprenditrici: sappiamo cosa fate per tenere in piedi l'economia sarda. Nel nostro progetto l'imprenditorialità sarà centrale».
L'altra mano tesa è per gli elettori del Movimento 5 Stelle, «se votare per rabbia non vi basta più. Non basta cercare colpevoli, noi cerchiamo soluzioni». E infine c'è la speranza di schiodare dallo scetticismo quel 40% di sardi che non vota più: «Osservateci, giudicateci dalle scelte».
Alla fine dell'avventura, secondo Murgia e la platea dell'Eliseo, c'è «una Sardegna possibile» (da ieri è anche un sito web, sardegnapossibile.com). Di certo questa gente ha scelto di scommettere sull'ignoto, non crede più all'offerta politica tradizionale. Poi vinceranno, perderanno, si vedrà: per ora sono in viaggio, contenti di viaggiare.

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