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L'unione sarda. La trappola dei troppi no

Sull'edilizia gravano 156 mila norme tra leggi, decreti e sentenze Una via crucis di trenta tappe anche per un lavoretto di poche ore

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Allargare una finestra in centro storico? «Ma quando mai», prescrive la bibbia dei vincoli accompagnata dagli applausi immancabili dei conformisti dell'ambiente. La beffa è a un passo però se si scava poco poco...
LUCE Esempio: per rilasciare il visto di igienicità necessario per risiedere, la Asl richiede «una superficie finestrata non inferiore a un ottavo della superficie in pianta ». Per i non addetti vuole dire: in una stanza di otto metri quadri aria e luce da un infisso di un metro quadrato. Se la vecchia casa ne ha di dimensioni più ridotte (il caso di quasi tutti gli immobili con più di 50 anni nei paesi sardi), non si può far nulla: la facciata è vincolata, vietato modificarla altrimenti sono guai penali e anche seri. La Asl però non potrà mai concedere l'abitabilità e al proprietario (di solito un poverocristo non un magnate russo) non resta altra scelta che spendere in altro modo i soldi del restauro. Buonanotte ai suonatori: il lavoro non si fa, la legge in tutte le sue varianti è salva, il tempo e l'abbandono si prenderanno cura dell'edificio. Dietro i ruderi e le transenne di tanti centri storici ci sono quasi sempre casi simili a questi.
LE CARTE Chi vuole intervenire nelle costruzioni (e di questi tempi occorrono coraggio e soldi) deve fare i conti con una montagna di carta cresciuta a dismisura soprattutto nell'ultimo decennio. Il dato circola tra gli ordini professionali del settore da tempo mobilitati per cercare di trovare un rimedio alla paralisi generale: tra leggi, leggine, circolari e sentenze che fanno giurisprudenza nel settore delle costruzioni, in Italia sono state calcolate 156 mila prescrizioni, regionali comprese. Tutti i tentativi di mettere mano a uno sfoltimento sono naufragati. È rimasta lettera morta nella maggioranza dei casi perfino la legge del silenzio-assenso, vale a dire la norma che concede il nulla osta richiesto in campo edilizio se l'ufficio pubblico non ha nulla da obiettare in due mesi. «La concessione ottenuta col silenzio-assenso è valida solo se tutte le carte sono perfettamente in regola», spiega Antonio Paulis, rappresentante dei periti edili nella commissione interprofessionale che sta studiando un progetto di legge di semplificazione.
SONO DOLORI Il che vuol dire quasi mai. Non tanto per colpa dei tecnici, quanto per la farraginosità delle norme, contradditorie tra di loro (come nel caso delle finestre del centro storico). Chi vuole mettere mano al mattone deve affrontare una via crucis tra domande e inoltro di pratiche. Trenta documenti, ciascuno ha il suo ufficio apposito e addetti chiamati a far rispettare le norme di competenza.
FLOP Un apparato-mostro che ha stroncato sul nascere anche il tentativo di quattro anni fa di far ripartire l'edilizia dei piccoli interventi ribattezzato piano-casa. Più di ventimila domande sono state inoltrate fino a gennaio di quest'anno. E il numero è destinato a salire dopo l'estate perché si sta avvicinando la scadenza di novembre. Due istanze di intervento su ogni cento abitanti. Con 3 mila e 500 domande Cagliari ha fatto il pieno di richieste, la Gallura è però la zona che fa più pressing con Olbia (1748 domande) e Arzachena (1113). In mezzo Alghero (1223) che pareggia con Sassari (1278). Sardi che - stando alle stime all'assessorato regionale all'Urbanistica - chiedono per il 90 per cento l'autorizzazione a interventi di «tipo abitativo per soddisfare i fabbisogno delle famiglie».
«Eppure sul piano casa», racconta Matteo Sanna, per quattro anni presidente della commissione Urbanistica del Consiglio regionale, «molti Comuni hanno fatto un palese ostruzionismo, motivato da questioni politiche». Boicottaggio o no, quante domande sono state accettate? Secondo un sondaggio a campione fatto su 10 centri un terzo o poco più. Il resto viaggia ancora tra le scrivanie.
Antonio Martis
martis@unionesarda.it
(2 - continua)

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