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L'unione sarda. «Soru non condizionò la gara»

Pubblicità istituzionale, le motivazioni dell'assoluzione

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L'appalto da 56 milioni di euro con cui nel 2006 la Regione assegnò alla “Saatchi&Saatchi” la gestione della pubblicità istituzionale fu pilotato. Anche l'affidamento diretto allo stesso gruppo della campagna estiva da un milione di euro “Sardegna fatti bella” era irregolare: serviva un bando. Però in entrambi i casi non ci fu una responsabilità dell'allora governatore Renato Soru, che l'accusa aveva indicato quale autore di pressioni sul direttore generale dell'ente Fulvio Dettori per far vincere quella multinazionale. Una volontà legata a presunti debiti, risultati «infondati», di Tiscali verso la società britannica. Il presidente della Regione in realtà «dimostrò disinteresse pressoché totale» per il primo appalto, manipolato invece proprio da «Dettori», e agì in buona fede nella crociata anti rifiuti: si stava comunque perseguendo «un interesse pubblico». In definitiva Soru fu «imprudente» ma non c'è «la prova di collusione» col dirigente «per alterare la procedura».
LA SENTENZA Queste le motivazioni con cui a dicembre la Corte d'appello di Cagliari (presidente Mario Biddau, consiglieri Fiorella Pilato e Maria Cristina Lampis) ha confermato l'assoluzione dell'ex capo della Giunta sarda nel processo che lo vedeva imputato di turbativa d'asta (nel primo caso) e abuso d'ufficio (nel secondo): procedimento che ha visto prosciolti anche Maurizio Caprara, amministratore delegato del colosso londinese, e i fratelli Marco e Sergio Benoni del consorzio Media Factory. Sono stati condannati Dettori (un anno e quattro mesi per turbativa d'asta e rivelazioni di segreto d'ufficio), e i commissari di gara Roberta Sanna (6.080 euro di multa), Aldo Brigaglia (7 mesi) e Giovanni Maria Filindeu (8 mesi) per falso.
LA TURBATIVA Sul bando da 56 milioni tutto parte dai punti che la commissione di gara assegnò alle caratteristiche tecnico-progettuali delle proposte di Saatchi e Tbwa: prevalse la prima per 0,60 punti. Pochi. Per evitare sorprese dopo l'offerta economica, Dettori fece arrotondare il divario a 3 punti rendendo improbabile il ribaltamento: «Sarebbe servito un ribasso economico del 30 per cento». Dunque per la Corte «la gara fu alterata» per «blindare il risultato a favore di Saatchi». Da chi? Secondo il pm da Soru, colluso con Dettori: voleva «tenacemente» affidare la gara alla società di Caprara ma fu bloccato dai funzionari amministrativi i quali spiegarono la necessità della gara pubblica. Allora decise di intervenire sulla commissione, aggredendo verbalmente anche il componente Aldo Brigaglia «che sosteneva la proposta della Tbwa». Per la Corte però, «convinto che la scelta passasse attraverso una consulenza degli esperti del settore, dunque senza gara» Soru avviò una loro selezione «alla luce del sole». Quando poi gli fu fatto presente l'obbligo del bando «si astenne da qualsiasi intervento diretto» dimostrando «disinteresse pressoché totale». Da allora il convincimento di Saatchi di poter ottenere direttamente tutto l'appalto «pare imputabile all'atteggiamento di equivocità» di Dettori, principale referente dell'amministrazione con l'agenzia pubblicitaria: la cattiva gestione della gara «era in primo luogo addebitabile a lui, che ne era presidente». Non aveva chiarito alla multinazionale che «non vi era più lo spazio per un affidamento diretto» e aveva anche chiesto un parere a un esperto di diritto amministrativo per confutare la tesi secondo cui era necessario il bando pubblico. Neanche l'episodio del 30 ottobre del 2006, quando Soru fu invitato nell'ufficio dove si trovavano le proposte delle aziende prima dell'illustrazione delle offerte (il 7 e 8 novembre) e dell'apertura delle buste (10 novembre), conforta le tesi accusatorie. Il presidente «vide qualcosa» ma «non tutto», come invece sostenuto da Aldo Brigaglia («inverosimile», per la Corte: troppi faldoni), il quale in quell'occasione fu scese per primo nei particolari delle offerte. E solo lui disse al pm che Soru aveva appoggiato la proposta di Saatchi denigrando le altre. Però «( Brigaglia ) tacque di aver apertamente esaltato la proposta di Tbwa» anche per la presenza nello spot dell'attore Leonardo Di Caprio, idea che il presidente giudicò «una cavolata» allontanandosi senza possibilità di replica. Tutto ciò evidenzia «una grave imprudenza istituzionale di Soru, incauto nell'accettare l'invito», ma non dimostra «una condotta diretta a influenzare i commissari». L'incontro «fu casuale» e la reazione brusca «all'atteggiamento ammiccante all'offerta Tbwa di Brigaglia», quest'ultimo in «conflitto di interessi» perché in rapporti con l'azienda, accredita «l'insussistenza di qualunque opera di convincimento di Soru sul commissario». Tra l'altro ottenere il favore di Soru «era impresa titanica» visto il carattere «risaputamente ostinato». Allora chi ha turbato la gara? Dettori, per la Corte. Era stato lui, senza istigazioni, a favorire Saatchi. Forse per «compiacere il presidente» che l'aveva nominato.
ABUSO D'UFFICIO Poi c'è la gara da un milione di euro per “Sardegna fatti bella”, il cui affidamento diretto alla Saatchi fu deliberato nel luglio 2006. Per la Corte l'urgenza sulla quale si basava la decisione non era «rinvenibile»: non c'erano «interruzioni nella raccolta dei rifiuti tali da mettere a rischio l'igiene e la sanità pubblica e il problema dell'avvio della raccolta differenziata era prevedibile. L'assessore all'Ambiente lo segnalava dal 2004». Serviva dunque una gara d'appalto, ma l'abuso d'ufficio per configurarsi deve provocare «un effettivo vantaggio patrimoniale per sé o altri o un danno ingiusto» e il reato deve essere escluso quando tra il fine privato e quello pubblico prevalga quest'ultimo. La Corte esclude che si volesse «intenzionalmente far conseguire alla Saatchi un ingiusto vantaggio patrimoniale per ragioni private o scollegate da quelle pubbliche». La campagna riguardava temi ambientali e sull'abbandono incontrollato dei rifiuti «di sicura valenza pubblica». Si trattava «di un intervento di carattere straordinario, della durata di un anno, per il miglioramento delle condizioni del territorio». La Giunta motivò l'urgenza della campagna pubblicitaria anche in vista «del maggior flusso turistico» (era agosto). Decisione «non proprio attinente ai motivi d'urgenza» ma «non c'è dubbio che la situazione sia stata soggettivamente percepita così per articoli di stampa, note di assessori e ricadute occupazionali». Dunque «non è ragionevole sostenere che l'esigenza di una politica educativa e di sensibilizzazione al problema non rispondesse ad alcun interesse pubblico ma fosse un pretesto per affidare a Saatchi il lavoro. Il convincimento personale ( di Soru ) si collegava sempre a un interesse pubblico».
Andrea Manunza

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