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L'unione sarda. Porto Cervo, caccia all'evasore

Nel mirino gioiellerie, discoteche, hotel, ristoranti e spa

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PORTO CERVO Erano in quindici, quasi equamente divisi tra Agenzia delle entrate, Siae e Ispettorato del lavoro. Un nutrito drappello che venerdì sera si è presentato, con toni garbati e molto professionali, in quattordici esercizi commerciali: gioiellerie, ristoranti, locali notturni e centri benessere dislocati a Porto Cervo e a Porto Rotondo. Operazione di routine, hanno fatto sapere, e massimo riserbo sul risultato degli accertamenti. Che, bisogna dirlo, erano mirati. Nel senso che la selezione non è stata casuale ma ponderata sulla base dei redditi dichiarati, ritenuti eccessivi o meno non è dato sapere.
CONTROLLI A TAPPETO Certo è che l'ondata di controlli scatenata venerdì nelle più importanti località turistiche d'Italia, e che si è conclusa nel primo pomeriggio di sabato, non poteva trascurare la Costa Smeralda. E non è nemmeno la prima volta. D'altronde è qui che si concentrano alberghi extra lusso, boutique e discoteche dai costi poco popolari. Attività che durano lo spazio brevissimo di una stagione e che, per ovvie ragioni, devono incassare il massimo possibile per consentire ai titolari un inverno sereno, e non solo quello.
POCHI SORRISI Come al solito, l'arrivo degli ispettori del fisco non è stato accolto con particolari sorrisi. Anzi, sono in tanti a essere convinti che questo genere di verifiche alla fine scoraggi i turisti in momenti difficili quali quelli attuali in cui non se ne sarebbe sentita la necessità. «Non vivo con l'incubo della guardia di finanza o dell'Agenzia delle entrate - dice un ristoratore di Porto Cervo - vengano pure quando vogliono non ho niente da nascondere né da temere. Chi non è in regola, di sicuro, qualche problema a riceverli ce l'avrà».
LA TASSA SUL TURISMO Ma qui, nel cuore della Costa Smeralda semi deserta nonostante la stagione inoltrata, non hanno mai visto di buon occhio fiamme gialle e fisco. A dire il vero, nemmeno gli agenti del Corpo forestale che, anni fa, salivano sugli yacht e sui panfili per controllare il pagamento della dimenticata “tassa sul turismo” voluta dall'allora presidente della Regione Renato Soru. Polemiche infinite sulle conseguenze che il balzello avrebbe potuto determinare a un settore già agonizzante e sui rischi di perdere i diportisti che avrebbero scelto altri e meno onerosi lidi. Insomma, una storia nota con un copione già scritto e adattabile, ciclicamente, a ogni periodo.
NIENTE DIVISE Stavolta, ad accompagnare il gruppetto di controllori non c'era la guardia di finanza. Ciò non significa che dalla compagnia di Cala Saccaia abbiano mollato la presa sugli evasori. È che, nell'occasione, si è scelto di non mandare uomini in divisa che avrebbero suscitato ben altre reazioni e non avrebbero certamente fatto passare inosservato il lavoro di accertamento. Questo aspetto, comunque, è stato apprezzato dagli imprenditori insieme alla giornata, venerdì e non sabato, cioè con i locali meno affollati. Imbarazzo evitato, dunque, è sempre meglio che niente.
STABILIMENTI BALNEARI Le fiamme gialle, di recente, hanno avviato una massiccia serie di controlli sui litorali. Dall'anno scorso, infatti, chi affitta sdraio e ombrelloni è tenuto a rilasciare una ricevuta di pagamento. Fiscale, naturalmente. E considerando che in alcune spiagge una famiglia di quattro persone arriva a pagare anche cento euro, il problema di una possibile evasione si pone eccome. In questo mese e mezzo della terza estate di crisi autentica, i finanzieri hanno già registrato decine e decine di irregolarità. Mentre l'anno scorso, non appena entrata in vigore la legge che imponeva il rilascio della ricevuta, gli agenti hanno fatto opera di persuasione limitandosi a sanzionare solo i recidivi, quest'anno hanno cambiato strategia.
CHIOSCHETTI Ovvero, poche chiacchiere e più multe, oltre a quello che potrebbe emergere successivamente. Stesso atteggiamento seguito per chioschetti improvvisati e privi di qualunque autorizzazione di carattere amministrativo e sanitario. Ormai, di camion frigo e “apixedde” se ne trovano in ogni dove, sulle strade che conducono alle località turistiche, in prossimità delle spiagge e, sempre più spesso, sugli arenili. Un fenomeno incontrollabile, legato sì alla situazione di emergenza economica, ma che andrebbe regolato diversamente.
Vito Fiori

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