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L'unione sarda. Il cimitero delle pecore morte

Apre in Sardegna il primo centro di smaltimento

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Dal nostro inviato
Michele Tatti
BITTI In una provincia di Nuoro che non riesce a convincere gli agricoltori ad assicurare vigne o seminativi, qualcuno si mette in testa di attivare una polizza per coprire i costi di smaltimento delle carcasse delle pecore. Vietato però sprecare l'aggettivo storico per il progetto degli amministratori comunali di Bitti che, convocando i pastori in assemblea, pur con legittimo orgoglio, ieri hanno annunciato per ottobre l'apertura dell'apposito centro di conferimento. A meravigliare, infatti, dovrebbe essere la constatazione che si tratta della prima struttura del genere attivata in Sardegna. E che, rifacendosi a una finora sconosciuta convenzione nazionale, basta sottoscrivere una polizza con la Fata e pagare per ogni capo ovino 35 centesimi all'anno per evitare di sborsare 40-60 euro per ogni pecora morta.
LEGGE VIOLATA Controproducente anche ricorrere alla scontata metafora di Colombo e al suo altrettanto scontato uovo: semmai bisognerebbe chiedersi perché finora nessuno ha cercato soluzioni alla questione delle carcasse di almeno 35 mila pecorelle che, stando alle statistiche veterinarie, muoino ogni anno nell'Isola. Per la verità ognuno può trovare da sé la risposta in questi giorni, viaggiando con i finestrini dell'auto aperti per sfuggire all'afa, si avverte chilometro per chilometro l'inconfondibile fetore degli animali morti in decomposizione: smaltimento a cielo aperto. Schiaffo olfattivo e controprova dell'esistenza di un problema incredibilmente sottovalutato in una Regione che ciclicamente fa i conti con nuove pestilenze: peste suina, agalassia, lingua blu, febbre del Nilo. Per poi ritrovarsi a fare i conti con drammatici problemi direttamente collegati con la salute e la vita umana come la Bse ( Mucca pazza ), scarpie o trichinella. Scoprendo che anche lo spettro dell'echinococco non è un ricordo di gioventù affidato alle immagini sfuocate dei nonni che tra il vedere e non vedere, prima di far pasteggiare i cani, bollivano in ovile le viscere degli ovini macellati.
CAMPAGNA ANTI-ECHINOCOCCO Su questo aspetto specifico proprio Bitti ha molto da raccontare e, soprattutto, da temere. Insieme a Nurallao e alla confinante Orune, sconta infatti la più alta incidenza europea dei casi di echinococco: 23,04 ogni centomila abitanti, contro i 17,65 del centro confinante e il 21,07 del paese del Sarcidano. Quadro a tinte fosche incorniciato nei numeri regionali che parlano nel decennio 2001-2011 di 1.731 ricoveri in Sardegna con diagnosi echinococcosi, per una spesa sanitaria stimata in oltre sei milioni 600 mila euro e quasi cinque milioni persi nella produzione del latte delle pecore colpite.
ITER TORTUOSO Facile capire davanti a queste cifre perché, in un colpo di intelligenza straordinariamente ordinario, quattro anni fa il sindaco di Bitti Giuseppe Ciccolini si sia interrogato su come spingere i pastori (costi e relative conseguenze penali e finanziarie sono a loro carico) a smaltire regolarmente le carcasse. Dopo un batti e ribatti dove i burocrati regionali erano i primi a giocare in difesa, finalmente il mese scorso è stata bandita e conclusa la gara d'appalto che ha sancito l'affidamento per cinque anni a Ecoserdiana (unica concorrente), della struttura che la Regione aveva costruito trent'anni fa nell'altopiano di San Giovanni per concentrare il latte munto nelle aziende della zona. Invece in quel complesso mai entrato in funzione, dal prossimo ottobre saranno congelate le carcasse delle pecore morte.
MONITO A COLLABORARE All'assemblea di ieri oltre a Ciccolini, all'assessore-veterinario Sergio Gabrielli, al responsabile del servizio Asl Antonio Straullu e al responsabile della Fata Assicurazioni Franco Tucconi, hanno partecipato anche i comandanti di carabinieri, polizia e corpo forestale che operano a Bitti. Spettatori silenziosi che solo con la loro presenza hanno in qualche modo lanciato un messaggio preciso: «Basta con gli alibi, con questo sistema non saranno più tollerati gli abusi». Insomma abbandonare le carcasse in campagna può tradursi in pesanti multe e denunce penali, come non potranno più essere tollerate le segnalazioni di smarrimento per scaricare i capi dall'apposito registro. Con l'obiettivo - sottolineato da Ciccolini, Gabrielli e Straullu - che a San Giovanni possa essere autorizzato anche lo smaltimento degli scarti di macellazione aziendale. Perché non è più tollerabile violare la legge anche anche quando si scuoia una pecora per autoconsumo o da regalare al comitato che festeggia il santo di turno.

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