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L'unione sarda. Il mondiale è dolce per Pau

ATLETICA. Un 38enne velocista di Carbonia protagonista ai Giochi di Torino

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Era uno dei talenti di una generazione straordinaria di velocisti sardi. Giovanni Pau, oggi 38enne, di Carbonia, ha perso quindici anni fa il treno dei grandi traguardi, ma ora è campione del mondo. A Torino, domenica sera, ha vinto la finale dei 100 metri ai Giochi Mondiali Master, nella categoria M35: 11"20 in batteria, 11"16 in finale. Tempi di valore notevole: «In realtà credevo di fare 10"70, ma c'era quasi l'80 per cento di umidità e questo non mi fa salire la glicemia e abbassa la prestazione», racconta. Già, perché Pau è diabetico e il suo successo è uno spot straordinario in una terra come la Sardegna, dove le malattie autoimmuni sono diffusissime.
IL RITORNO «Dopo otto anni di totale inattività», prosegue, «questo successo ha un grande valore. Riprendere e vincere in un anno due titoli italiani all'aperto, un argento indoor e questa ciliegina, mi fa bene sperare. Vuol dire che l'anno prossimo, con questa base si può andare forte». Quanto forte? «Ci sono appuntamenti importanti e se si riesce a scendere sotto gli 11 secondi può voler significare tornare competitivo anche a livello assoluto».
A livello regionale (purtroppo) lo sarebbe già: «Ai miei tempi serviva 10"50 o 10"60 per vincere un titolo sardo, adesso basta meno, magari 10"80». E la malattia fa meno paura: «La tecnologia oggi ci aiuta molto, in confronto ad allora è una passeggiata. Se in quegli anni avessi avuto il microinfusore avrei fatto molto meglio».
GLI ANNI D'ORO Talento cristallino, Pau raggiunse l'apice nel 1997-'98, quando correva i 100 in 10"41 e i 200 in 21"20. Quarto agli Europei Under 23 di Turku in Finlandia, quarto nelle finali tricolori assoluti dei 200 (vinse Gianni Puggioni) e 100 (primo Stefano Tilli). «Ma il diabete ce l'avevo già, da quando avevo 17 anni», chiarisce. «Potevo entrare nelle Fiamme Azzurre, ma la malattia me l'ha impedito. Mi avevano detto che non avrei potuto migliorare, ma con il mio tecnico Gianfranco Dotta avevamo messo a punto allenamenti che potevano andare bene anche per me». Si può convivere con il diabete e farlo convivere con l'attività sportiva, anche agonistica: «Certo. Già quando gareggiavo l'ho sempre detto, anche nelle scuole. Non serve avere talento, l'importante è fare sport comunque».
Alla base di un successo c'è sempre la forza di volontà: «Faccio i turni di notte come guardia giurata per poter accudire i miei tre figli gemelli di giorno, quando mia moglie lavora. Adesso che loro vanno a scuola materna riesco a ritagliarmi un po' di tempo nella seconda parte della mattinata per allenarmi, due ore tre volte alla settimana».
IL TECNICO Ancora oggi, Gianfranco Dotta lo segue a distanza: «Sono molto affezionato a lui», conferma il tecnico. «Il nostro rapporto va al di là della stima reciproca. Ha dimostrato di avere un grande talento, a dispetto di un lavoro molto impegnativo. Fin da govane si presentava a gare e allenamenti con turni massacranti sulle gambe, anche di 12 ore. Era rimasta un'incompiuta e questo mi era dispiaciuto molto. Adesso ha avuto la volontà di riprendere e siamo riusciti a ottenere questi risultati. È una bella esperienza vedere cosa riuscirà a fare. Già a Torino il suo rendimento poteva essere migliore. Il suo è un messaggio positivo, bellissimo».
IL PRESIDENTE Felicissimo Antonello Murgia, presidente della Sulcis Carbonia, la società per cui Pau, ex esperino, corre oggi: «Contentissimo e orgoglioso. Per lui è quasi un risarcimento. Sarebbe potuto arrivare alle Olimpiadi, magari ai Mondiali. Questa è una cosa diversa, ma è la vittoria della forza di volontà che è più forte dei problemi della vita e della malattia. È stato più forte di tutto. Per i ragazzi che al campo vedono il suo impegno è un vero esempio, al di là di ogni facile retorica».
Carlo Alberto Melis

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