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L'unione sarda. Dopo il divorzio da Cappellacci il Psd'Az guarda alla Barracciu

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di GIORGIO PISANO
La leggenda del ditino alzato non è affatto leggenda. È storia. Consiglio regionale, anno 2003. La giunta di centrodestra sta precipitando, ottanta consiglieri rischiano di tornare a casa senza acquisire il diritto alla pensione. Fu allora che Giacomo Sanna, più veloce d'un qualunque Scilipoti, passò dalla minoranza alla maggioranza e tutti vissero felici e contenti. Vergogna? Neanche un po'. «La pensione non c'entra, l'ho fatto per far varare la legge elettorale». Subito dopo, in un'aula attonita e grata, sollevò il dito indice (manco fosse Bettino Craxi), lo fece ruotare lentamente per tutto l'arco costituzionale e tuonò: vi ho salvato. Non ci fu, per ovvie ragioni, una standing ovation e nemmeno un'ola da stadio. I ringraziamenti, sentiti, affettuosi e bipartisan, arrivarono lontano da occhi indiscreti. Sassarese, 64 anni, presidente del Psd'Az, Giacomo Sanna ha annunciato che, conclusa la sua terza legislatura, non tornerà a candidarsi.
Ha chiuso con la politica?
«No. Semplicemente non starò dentro le istituzioni. Ho dedicato metà della vita al partito, ora vorrei occuparmi di moglie e figli. Questo non significa seppellire la passione che mi ha guidato finora».
Che farà da marzo 2014?
«Nel ruolo di presidente, se continuerò ad esserlo, cercherò di spiegare ai più giovani che la politica non è uno sporco affare ma qualcosa che deve interessare tutti».
Politicamente lei è considerato un voltagabbana.
«Niente di più falso. In quella famosa seduta del 2003, insieme ai colleghi Pasqualino Manca e Luca Deiana, votammo la giunta Masala. Io mantenni la mia promessa, il Consiglio no: la legge elettorale non venne elaborata».
Comunque fu ribaltone. Eroico ma ribaltone.
«Macché. Neanche la sinistra mi accusò di aver tradito. Nessuno, proprio nessuno. E il centrodestra mica rimase a guardare».
In che senso?
«Mi propose, in cambio d'una certa operazione, la presidenza della giunta. Rifiutai».
Calunnioso dire che il Psd'Az è più veloce d'una pallina da ping pong?
«Infamie. La prima volta che abbiamo cambiato schieramento è stato in questa legislatura, previa indicazione del partito».
Viene descritto, politicamente parlando, senza scrupoli.
«Altra bugia. Se c'è una cosa che mi preoccupa è l'etica, il rispetto della pubblica amministrazione».
Nella classifica del clientelismo, lei è considerato secondo solo a Giorgio Oppi.
«Questa è davvero una sciocchezza. Ho fatto l'assessore una sola volta. Dopodiché son sempre stato all'opposizione: come avrei fatto a praticare il clientelismo dai banchi dell'opposizione?»
Note spese contestate dalla Procura della Repubblica?
«Non ho ricevuto avvisi di garanzia. Mi dispiace per gli amici che invece si ritrovano coinvolti in questa inchiesta. Compreso un mio compagno di partito».
Ma se Lussu e Bellieni si svegliassero, lei sarebbe fucilato sul campo?
«Lasciate dormire in pace i nostri padri».
Il Psd'Az è di destra o di sinistra?
«Né di destra né di sinistra. Il Psd'Az è un partito libero che ha come obiettivo principale l'indipendenza della Sardegna attraverso un percorso di pace».
Ergo: in maggioranza con chi conviene.
«Con chi approva i nostri progetti e, insieme a noi, intende realizzarli. Se poi non lo fa, vuol dire che non è un alleato affidabile».
Un vostro ex consigliere, Piero Marras, l'ha definita il becchino del Psd'Az.
«Lavoro, quello del becchino, che farei volentieri se si trattasse del suo funerale».
Veniamo agli alleati inaffidabili: Cappellacci?
«Mi dispiace che non abbia ancora capito perché siamo usciti dalla maggioranza».
Sussurrano che è stato perché non ha rinnovato l'incarico ai vostri uomini negli enti.
«Negli enti c'è ben poca cosa. L'unico mandato importante è quello di direttore generale della Asl di Oristano. Se dovesse cacciarlo, andrò personalmente a prendere gli altri due compagni di partito che stanno negli enti per accompagnarli fuori».
Vi spettavano due assessori. Invece ne avete avuto uno.
«Sta cercando di dirmi che, di conseguenza, non contavamo niente? Se è così, sbaglia: il problema non è la quantità di assessori ma la qualità».
Perché Cappellacci vi ha deluso, sia pure al novantesimo minuto?
«Non era affatto il novantesimo quando siamo usciti dalla maggioranza. Abbiamo l'abitudine, come partito, di tirare le somme. Lo abbiamo fatto al quarto anno della legislatura. Il verdetto è stato negativo».
Come si sente all'interno della galassia indipendentista?
«Bene, un mondo che stimo anche se non riesco a metterlo assieme. Ognuno ha la sua storia politica. Sarebbe bello che tutta quest'area stesse unita ma in giro ci sono troppi ladri di sardismo».
Perché avete dato il foglio di via a Maninchedda?
«Perché ho rifiutato di andare dal segretario Pd a chiedere se accettava di candidarlo alle primarie. Era quello che voleva e io non lo ritenevo giusto. L'ho detto, troppi ladri di sardismo».
Si riferisce a Maninchedda?
«Parlo in generale. La vera matrice sardista è quella del Psd'Az. Le altre sono spezzoni di storie personali».
Che vuol dire?
«Faccio un po' di esempi: l'Irs di Gavino Sale? È un partito privato. I Rossomori? Una scheggia infiltrata del Pci. Progres? Il frutto di visioni contrastanti fra Sale e Franciscu Sedda. Che poi s'è inventato il movimento del Fiocco verde».
Ex amici. Parliamo dell'assessore Solinas: c'eravamo tanto amati.
«Non c'è alcuna inimicizia. Christian Solinas ha semplicemente accettato una decisione del partito e dato le dimissioni».
Insomma, con chi andate alle elezioni?
«Siamo aperti a una linea di cambiamento reale. Voglio dire rinnovo della classe politica attraverso le primarie. Siamo stufi delle scelte di segreterie romane. Se non troviamo una sponda, andremo da soli, lo abbiamo già fatto tante volte. Lo sbarramento al 5 per cento non ci spaventa».
Puntate più sul centrodestra o sul centrosinistra?
«Beh, se il candidato del centrodestra è Ugo Cappellacci, l'alleanza non ci interessa. Se il candidato del centrosinistra fosse Francesca Barracciu mi andrebbe bene perché colgo lo spirito del cambiamento».
Dove ha sbagliato Cappellacci?
«Ha sbagliato nel pensare che quei tredici punti del programma concordati con noi fossero parole in libertà. Ha sbagliato, ed è uno dei tanti esempi che posso fare, anche sul progetto della Sassari-Olbia realizzando, col danaro dei sardi, una strada che il governo non ha voluto finanziare. Quella strada ci è costata finora ottocento milioni di euro perché abbiamo voluto sostituirci allo Stato. Questo è un intollerabile e inaccettabile segnale di debolezza. Continuo?»
Continui.
«Quando abbiamo puntato la prua contro la svendita di Tirrenia, si è affidato all'imprenditore Onorato al quale ha peraltro finanziato la regata a La Maddalena. Se avessimo fatto fronte con la regione Sicilia oggi non saremmo qui a mugugnare, a recriminare su una grande occasione perduta».
Andate alle elezioni senza avere conti da saldare?
«Non abbiamo debiti con nessuno. Siamo assolutamente autonomi».
Delira chi vi definisce la Nicole Minetti della politica sarda?
«Se vuol dire che il partito sia una specie di albergo a ore, sbaglia di grosso. Sono altri i partiti dove si entra e si esce con facilità. Nel Psd'Az ci sono regole da rispettare. Niente esenzioni o corsie preferenziali».
pisano@unionesarda.it

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