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L'unione sarda. «Noi andiamo avanti»

SOVRANISTI. Lettera del Partito dei sardi: ecco il codice etico

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Il Partito dei sardi del tandem Maninchedda-Sedda va avanti per la sua strada: non chiude col centrosinistra, anzi rinnova la disponibilità al dialogo, ma non si fa imprigionare dalla morsa dei rinvii che sta strangolando le primarie della coalizione. Questo il succo di una lettera aperta recapitata ai partner (eventuali). Allo stesso tempo i promotori del movimento varano il codice etico: una carta dei doveri cui si dovranno attenere i candidati che scenderanno in campo sotto il vessillo sovranista.
Per il momento tra Partito dei sardi e centrosinistra c'è stato solo uno scambio di programmi, ma niente di più. «Confermiamo», scrivono Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda, «che noi siamo interessati a sviluppare il confronto con le nostre proposte e candidature condivise». Un accordo non c'è ancora e visto che il centrosinistra è impegnato a stabilire il ruolino di marcia delle primarie, «in attesa delle prossime tappe il Partito dei sardi prosegue il suo percorso di costruzione delle proprie liste e di individuazione dei propri candidati». Compreso quello per la presidenza della Regione.
Il primo passo è stata la promulgazione di un codice etico in dieci punti. I primi tre impegnano i candidati a «costruire nel tempo, legalmente e democraticamente, lo Stato della Sardegna all'interno dell'Unione europea intesa come Comunità di Stati».
Al punto cinque: «Non sono candidabili coloro che a qualsiasi titolo hanno un procedimento penale in corso». Altra norma stringente richiama il conflitto di interessi ripescata da un articolo della nuova legge elettorale che era stato bocciato. «Si ha conflitto di interessi in tutti i casi in cui esiste un conflitto tra i doveri pubblici del candidato alla carica di consigliere e un interesse privato e/o personale del coniuge e dei parenti entro il secondo grado». Impugnata anche un'altra bandiera lasciata cadere dal Consiglio regionale: «I candidati si impegnano a sostenere la parità di genere nelle leggi e nelle nomine di competenza del Consiglio». (a. ma.)

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