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L'unione sarda. Ghilarza sotto choc per l'allevatore gravemente ustionato

Apprensione per le condizioni di Miscali in coma

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GHILARZA Adesso, fra polemiche e rimorsi, rimpianti e confessioni, si contano i danni: da impazzire. Ma, prima di tutto e di tutti, c'è da pensare a Ubaldo Miscali, 52 anni, l'allevatore rimasto intrappolato nell'inferno di fuoco a “Mura calavrighe”, a duecento metri dalla strada romana di Fordongianus. In programma Ubaldo aveva ben altro, il matrimonio con la ragazza di Soddì.
GRANDI USTIONI Ora è in coma farmacologico: le sue condizioni restano gravissime, i medici del reparto grandi ustionati di Sassari stanno tentando di tutto per curare le ferite che hanno interessato il 70 per cento del corpo. Il padre Mario Miscali, 97 anni, nella sua casa in via Padre Soggiu 22, non si dà pace. «Era lì per salvare il bestiame, 15 capi bovini. Ha fatto tutto quello che poteva fare, anzi di più. Il bestiame si è salvato ma lui purtroppo è rimasto in mezzo alle fiamme».
LA TESTIMONIANZA Peppino Ibba, uno dei barracelli che con vigili del fuoco, carabinieri, volontari e tanti altri, ha lavorato fino a tarda notte, racconta: «Ubaldo era nell'azienda che tentava di mettere in salvo il bestiame ma c'erano “pampas de fogu”, fiamme di fuoco, da far paura. Non era possibile ma lui ha rischiato fino al punto di restare intossicato dal fumo e collassato dal gran caldo. Ha perso i sensi finendo in mezzo alle fiamme. Per fortuna che lì vicino c'era il barracello Mauro Mele che l'ha tirato fuori e ha chiamato subito i soccorsi». Speriamo bene ma noi che eravamo sul posto possiamo dire che è stata una giornata davvero infernale». Allarme rientrato invece per Marco Corrias, l'ex commerciante di materiali elettrici, che per salvare quello che ancora era possibile salvare della sua azienda, si è procurato qualche ustione. Niente di grave, per fortuna.
I DANNI Anche ieri a Ghilarza non è stata una giornata tranquilla. I vigili del fuoco hanno lavorato ore e ore per spegnere gli ultimi bracieri che, alimentati dal vento che da libeccio girava a maestralino, ogni tanto si riaccendevano. I danni, allora. Il sindaco Stefano Licheri rimasto sul campo del fuoco per tutta la notte, afferma che «si farebbe prima a stimare le terre e le aziende del Guilcier sfuggite alle fiamme di questo terribile lunedì che quelle distrutte. Non è rimasto niente, solo cenere e carbone. Dei querceti e oliveti, dei pascoli e dei seminativi di Ghilarza, Boroneddu, Soddì, Zuri si intravvedono solo mucchi di cenere e alberi carbonizzati. Duemila ettari e forse più cancellati: un disastro economico e ambientale. «Valuteremo se è il caso di chiedere lo stato di calamità naturale ma certo qualcosa deve essere fatta per questo territorio che sta pagando un prezzo altissimo». Il dolore per vedere «sparire il bosco ripristinato con fatica in tanti anni, animali morti, aziende distrutte e immenso», dice Licheri. Le polemiche fanno sempre parte del dopo ma la vena del sindaco non è accesa. «Purtroppo Ubaldo Miscali sta molto male, i danni sono incalcolabili. Certo, qualche ritardo c'è stato. Penso al Canadair che era arrivato da Olbia quando la situazione era già drammatica e che è dovuto rientrare - credo - per un'avaria. Ne hanno mandato un altro ma di Canadair ne servivano due efficienti».
I FOCOLAI Che nell'incendio ci sia la mano di qualche scellerato ci sono sempre meno dubbi. «Dicono sia partito da più punti. Alle 15,30 il focolaio di “Trempu” era controllabile ma, quando si è acceso anche quello di “Oschini”, non c'è stato più niente da fare». A Ghilarza l'aria è pesante. Pesante per il fumo che ancora pervade ogni cosa, il caldo che toglie il respiro. Resta la paura. I vigili del fuoco e i barracelli non mollano ma le notti serene d'estate sotto villa Deriu e lungo il Corso sono un ricordo che brucia.
Antonio Masala

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