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L'unione sarda. «Un assalto con i razzi»

Un vigile urbano di Sinnai ha sentito gli spari e visto le fiamme Gli 007 del Corpo Forestale seguono con decisione una pista

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di Paolo Carta
SAN GREGORIO C'è un testimone che ha visto (quasi) tutto. Un vigile urbano di Sinnai che - fuori dall'orario di servizio - mercoledì pomeriggio stava percorrendo la vecchia Orientale sarda a bordo della sua vettura privata e si è fermato per lanciare il primo allarme: «C'è un principio di incendio all'altezza dello Chalet delle Mimose».
Proprio in quell'istante, due spari, intervallati da pochi secondi. Altrettanti razzi incendiari hanno appiccato il rogo in distinti punti del bosco secolare alle falde di San Gregorio, nel paradiso dei Sette Fratelli.
Il resto è cronaca: un rogo durato in pratica 24 ore, case distrutte, famiglie costrette a rifugiarsi nel bar o a tornare in città, animali morti, allevatori miracolosamente in salvo nei loro ovili rasi al suolo dalla furia delle fiamme alimentate dal vento e dal sottobosco della foresta, diventato infiammabile come benzina. Cinquecento ettari ridotti in cenere. Paesaggio lunare. La peggiore delle cartoline della Sardegna in un periodo di alta stagione turistica.
L'INCHIESTA La testimonianza dell'agente della Polizia locale di Sinnai è stata raccolta dagli agenti del Nucleo investigativo del Corpo forestale di Cagliari, ed è un punto di partenza importante nell'inchiesta sull'incendio doloso divampato qualche giorno fa. Non decisivo, purtroppo, perché il vigile urbano non sarebbe riuscito a individuare con sicurezza nessun individuo in quella zona, né a scorgere un'auto precisa, ma soltanto alcuni sospetti. Anche perché i momenti successivi sono stati concitati: bisognava dare l'allarme, chiamare in soccorso le squadre antincendio.
Sicuramente dopo lo sforzo per spegnere le fiamme, l'altrettanto importante opera di bonifica, che ha impegnato per due giorni volontari, pompieri, operati dell'Ente foreste e ranger, ieri è cominciata l'indagine.
GLI INTERESSI Gli 007 del Corpo forestale hanno già una pista precisa e stanno studiando la mappa di chi nella zona di San Gregorio possiede aziende, interessi, terreni, concessioni, motivi per vendicarsi dei vicini, magari dopo uno sconfinamento, un permesso negato, una denuncia di bracconaggio. Perché dietro il disastro ambientale e il pericolo di vita corso da tante persone imprigionate tra il fuoco, c'è sicuramente un uomo piccolo piccolo che per un interesse altrettanto miserabile ha messo in gioco il presente e il futuro di quanti abitano la montagna.
LA STRATEGIA I razzi esplosi uno dopo l'altro, ma non prima di aver appiccato il fuoco a bordo della strada statale, sono la prova più evidente che c'era un piano ben studiato dietro l'incendio di San Gregorio. Che teneva conto anche alle condizioni di vento e umidità. E aveva individuato zone precise da carbonizzare. Per questo motivo negli uffici di via Biasi a Cagliari gli inquirenti sono abbastanza fiduciosi. Dietro la diplomazia di facciata, c'è l'orgoglio di chi pensa di riuscire a individuare l'uomo armato di pistola o fucile che ha voluto sfregiare i boschi dei Sette fratelli.
I SOSPETTI Qualcuno che aveva un particolare interesse nei cantieri di rimboschimento alle falde dei Sette Fratelli. Un motivo di risentimento. Oppure l'incendiario potrebbe essere un allevatore al quale è stato negato l'accesso in una particolare zona demaniale. O ancora un bracconiere denunciato di recente, quando i ranger hanno scoperto nel fitto dei boschi la presenza di tubi fucile pronti a fulminare cervi o cinghiali di passaggio, pericolosissimi anche per i cercatori di funghi e asparagi che frequentano quelle zone.
L'istruttoria è all'inizio ma le Guardie forestali conoscono bene chi frequenta quelle zone di montagna e gli sviluppi potrebbero anche essere imminenti.

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