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L'unione sarda. Milia: «I veri sovranisti siamo noi»

«Mai tanta cultura sarda nelle scuole, gli altri parlano e basta

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«Ci sono i sovranisti a parole e quelli che lavorano per difendere e divulgare la lingua e la cultura sarda. La nostra giunta e l'assessorato della Pubblica istruzione sono tra questi ultimi». Sergio Milia, in un caldo pomeriggio di un agosto che promette poche ferie per tutti, sfodera gli artigli e, irritato dal proliferare di sardisti, sovranisti, indipendentisti, cerca di dimostrare che da assessore della Pubblica istruzione ha affrontato con i fatti, e non solo con le parole, il problema di divulgare la lingua, la cultura e il grande patrimonio storico della Sardegna. L'Isola, infatti, dopo il Lazio e la Campania, è la terza regione italiana per numero di beni culturali.
Assessore, che cosa ha concretamente fatto il suo ufficio?
«Gli altri parlano, noi lavoriamo. In tre anni, siamo passati da uno stanziamento di 3,5 milioni a uno di 9 per diffondere la lingua e l'identità sarda. Su questi temi siamo in prima linea, con 170 convegni nel 2012 e 270 nel 2013. Abbiamo coinvolto tutti, dai Bertas a Piero Marras ai rapper sardi che, se vogliamo, sono l'evoluzione dei poeti improvvisatori che troviamo sui palchi delle feste in ogni paese della Sardegna».
I convegni non bastano, però. Qualcosa di più tangibile?
«Abbiamo recuperato la Manifattura Tabacchi di viale Regina Margherita a Cagliari che diventerà il centro della cultura del capoluogo, abbiamo restaurato il padiglione Tavolara a Sassari e l'ex Molino Galisai a Nuoro».
Il sardo nelle scuole, sogno o realtà?
«Intanto, abbiamo ottenuto che si possa chiedere ai genitori di permettere l'insegnamento della lingua sarda ai propri figli».
La risposta è stata poco incoraggiante, sì e no ha aderito il 20 per cento delle famiglie.
«È un inizio, servono tempo ed energie, ma siamo sulla strada giusta».
Ma lei pensa veramente di vedere risultati concreti?
«Ne sono sicuro. Stiamo insegnando ai ragazzi chi sono i nostri padri della patria. Ho abitato per anni a Sassari in via Asproni senza sapere chi fosse».
L'impressione, però, è che il dibattito sulla nostra cultura sia circoscritto al tavolo dei soliti noti.
«Ed è un'impressione sbagliata. La discussione è uscita da questo tavolo e ha coinvolto centinaia di persone, paesi, intellettuali, poeti, cantanti e chi più ne ha...».
Parliamo di scuola, fra tagli e inefficienza è un fiorire di proteste.
«I tagli sono sotto gli occhi di tutti, inutile negarli. Ma in Sardegna stiamo facendo passi avanti».
Di che tipo?
«L'Europa ci chiede di investire in istituti tecnici ad alta specializzazione ed è quello che stiamo facendo. Puntiamo sulla nautica, la mobilità sostenibile e i trasporti. Inoltre, su scuole che formino personale per l'agricoltura, l'enogastronomia e il settore alberghiero».
La Sardegna possiede un grande patrimonio di beni culturali. Dire che è sotto utilizzato o addirittura trascurato è poco. Sicuro che il suo assessorato non abbia responsabilità?
«Sicurissimo, perché la gestione è nelle mani dello Stato ed è per questo che rivendichiamo più autonomia in questo campo. Dateli a noi e poi vediamo se siamo capaci di valorizzarli».
Lei è molto determinato, sta per caso lanciando la sfida a Cappellacci per la presidenza?
«Non sono candidato a governatore. Anzi, io penso che la giunta abbia lavorato bene, da vera squadra, aiutandosi e ragionando insieme. Io credo nel valore di una squadra e ci credo da quando giocavo playmaker nella Dinamo».
E quindi?
«Quindi meritiamo di continuare a governare. Non abbiamo bisogno di individualisti né di proclami che non inviano alcun segnale di novità».
Lei è sotto inchiesta per l'utilizzo dei fondi del gruppo Udc. Può giurare di aver utilizzato correttamente quei soldi?
«Sì, ma confesso che è una vicenda devastante. Dimostrerò la mia innocenza ma nel frattempo è una cosa insopportabile».
Ivan Paone

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