Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'unione sarda. Il grido disperato della madre: la mia Martina adesso non c'è più

Scene strazianti sul luogo in cui è stato recuperato il corpo della piccola

Condividi su:

dal nostro inviato
LOTZORAI «È successa una tragedia. Una disgrazia. Martina non c'è più. È annegata. Mia figlia»: le parole si rompono in singhiozzi. Mamma Maria Antonietta tace per un istante. «Non me la fare quella domanda. Lo capisco che è la domanda più normale. Ma io non lo so». Grida. La domanda dall'altra parte del telefono, forse, è quella alla quale Maria Antonietta Niola non riuscirà a rispondere mai: «Com'è potuto succedere?». Ora, mentre si tormenta le mani e i capelli seduta su un muretto di pietra a dieci metri dal cadavere della figlia si stringe al marito Sebastiano. Parla al telefono con un cugino, poi cede, le frasi le si spezzano in gola, restituisce il cellulare e torna a fissare quel lenzuolo bianco. Gli occhi scuri gonfi di lacrime si alzano sulle facce pietose di quei bagnanti assiepati in pineta. La fissano, ammutoliti, testimoni involontari di quel lutto tutto suo.
Per portarla fin qui, a bere un bicchiere d'acqua che non basta a soffocare il suo pianto, c'è voluto del tempo.
La veglia alla sua bambina, Maria Antonietta l'ha iniziata sulla riva. Lì, quando le mani dei soccorritori si sono fermate e l'elicottero ha ripreso il volo, lei ha capito che era finita. Ha urlato tutto il suo dolore e poi, si è distesa vicino alla figlia, l'una accanto all'altra, due corpi privi di vita sotto il sole d'agosto. In ginocchio un passo più in là, c'è il ragazzo che le ha restituito Martina. Un poliziotto coi calzoncini blu, uno sconosciuto entrato in quella famiglia nel momento più triste di sempre. A strapparla per un attimo da quel pezzetto di spiaggia è lui, insieme al marito Sebastiano. Mentre i soccorritori si danno da fare per portare via la salma, Maria Antonietta si lascia trascinare fino al vialetto, un fantasma vestito di bianco che cammina a fatica. Paziente. Poi, abbraccia quello sconosciuto e implora: «Non ci abbandonare ora. Restaci vicino. Carlo non ci abbandonare». Lui annuisce, le chiede di farsi forza, per lei e per quel che resta della sua famiglia. Ma Maria Antonietta non l'ascolta già più. Si mette seduta e abbraccia il marito. Insieme aspettano un cenno. Poi, quando capiscono che è il momento di andare, tornano indietro, raggiungono quell'angolo del lido dove per l'ultima volta hanno visto Martina giocare e si mettono in coda, dietro i volontari che portano via la barella con la loro bambina. Piano piano la pineta si svuota. Altre madri e altri padri stringono al petto i propri bambini. Qualche ragazzo si ferma a fumare per chiedere agli altri che cosa è successo. Intanto, Barbara, l'amica di Maria Antonietta venuta dal Trentino, piega i teli da mare e li infila nel borsone a righe, recupera le sdraio e spiega che è capitato tutto in pochi minuti. Che non c'è stato il tempo di salvarla, che all'inizio sembrava stesse ricominciando a respirare ma che alla fine tutto si è concluso nel peggiore dei modi. Che Martina era buona e non si allontanava mai dalla riva. Che era una figlia ubbidiente e una bambina felice. «Lo scriva questo. Martina era una bimba felice».
M. C.

Condividi su:

Seguici su Facebook