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L'unione sarda. Tante aziende e pochi vigneti

In dieci anni persi circa 30mila ettari e la Regione non bandisce la gara per le quote dal 2009

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Il vino sardo è sempre più pregiato ma nonostante questo la produzione e l'estensione dei vigneti subisce un calo inesorabile che va avanti dagli anni Settanta. E acquistare una nuova quota per impiantare un vigneto non è facile: le compravendite tra privati hanno un costo abbastanza elevato, mentre la Regione non bandisce una nuova assegnazione dal 2009.
I NUMERI Nell'Isola continua a prevalere l'idea passata con gli espianti avviati dopo gli anni Ottanta, pagati a peso d'oro dall'Unione europea. Il principio che continua a dominare nelle campagne sarde è che si produce troppo vino, nonostante le eccellenze raggiunte dall'enologia sarda. Le aziende che operano nell'Isola nel campo della viticoltura sono 38.234, mentre gli ettari coltivati 26.290. In altri termini, molte imprese, il 47%, hanno meno di un ettaro disponibile e soltanto il 2,1%, invece, coltiva oltre cinque ettari di vigneto. Troppo piccole, dunque. Espandersi è possibile, ma per ora appare un'impresa. Difficile acquisire nuovi terreni: «Solitamente vengono dismessi soprattutto da chi produce vino di scarso pregio, da versare alle cantine sociali», spiega Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna. E non sempre i prezzi sono bassi: per acquistare un quota di circa un ettaro per impiantare un vigneto bisogna sborsare intorno ai 4.000 euro, mentre se si acquista una vigna in produzione il prezzo è decisamente più alto.
Qualche incremento, infatti, si è registrato negli anni passati, quando tra il 2005 e il 2009 si è passati da 25.991 a 26.562 ettari dedicati ai vigneti in Sardegna, per poi riscendere però agli attuali 26.290 ettari. I comuni dove si hanno le maggiori superfici vitate sono Alghero (1.081 ettari), Serdiana (741) e Oliena (675), seguiti poi da Sorso (614), Dorgali (542) e Monti (515).
LA PRODUZIONE Insomma, i numeri dell'Isola dicono che si potrebbe fare meglio. La storia della Sardegna racconta che in passato si produceva molto più vino, ma di qualità decisamente più scadente, che poi magari veniva venduto nella penisola o in Francia e utilizzato per tagliare prodotti più pregiati. Oggi, le cantine sarde hanno un nome nel mercato, ma sono poco unite nel fare promozione. Un problema atavico che si riflette su prodotto e ricavi. Tanto che, secondo Coldiretti, la produzione dal 2005 al 2011 si è praticamente dimezzata, passando dai 924mila ettolitri a 486mila. I vini rossi continuano a essere prevalenti, con 274mila ettolitri, contro i 212mila di bianchi. Numeri che potrebbero essere decisamente maggiori se si riuscisse a sfruttare a dovere le potenzialità dei 17 marchi Doc, dal Vermentino al Cannonau e alla Monica, e dei sei consorzi di tutela, tra cui anche quello del Carignano, presenti nell'Isola. «Laddove i consorzi funzionano bene e attuano azioni di promozione, si ottengono ottimi risultati», spiega Giuseppe Carrus, vicecuratore nazionale della Guida del Gambero Rosso, «non bisogna pensare di ridurre la produzione ma vendere di più e meglio, magari anche all'estero. La Sardegna ha vini unici, come il Carignano o anche il Cannonau, che pur essendo il vitigno più coltivato al mondo, in Sardegna trova la sua collocazione più tipica, ed è su questi valori che si deve puntare per aumentare la produzione e le vendite».
Giuseppe Deiana

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