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L'unione sarda. Uccisa dal mare killer

La piccola è annegata a pochissima distanza dalla riva, per la Procura è stata una disgrazia, autopsia non necessaria

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dal nostro inviato
Mariella Careddu
ONANÌ In via Funtana manna, un corridoio d'asfalto martoriato di buche nel centro del paese, tutto quel dolore non se lo spiegheranno mai. Martina Carta è morta a sette anni, in uno specchio d'acqua a pochi centimetri dalla riva nel Lido delle Rose di Lotzorai. Circondata da decine di persone che facevano il bagno, giocavano con la palla o i racchettoni, ridevano, scherzavano, ma non si sono accorte di lei. Martina è morta alle tredici e trenta di sabato pomeriggio, annegata. Sul suo corpo non ci sono segni che lascino pensare al coinvolgimento di un'altra persona. Niente tracce di violenza. Quello di sabato non è stato un gioco finito male ma una tragedia. Punto. È questo il primo dato accertato dai carabinieri della stazione di Santa Maria Navarrese che questa mattina trasmetteranno gli atti al magistrato di turno Nicola Giua Marassi. La Procura della Repubblica di Lanusei non ha disposto l'autopsia ma ha dato il via libera per la rimozione della salma che dalla notte scorsa è tornata a casa.
LA VEGLIA La bara bianca è al centro della cucina scura oltre il portone al civico sette. Mamma Maria Antonietta sta su una sedia di legno da una parte, papà Sebastiano dall'altra. Fantasmi. Tutto intorno, nella penombra di quella stanza al pian terreno con le tende verdi chiuse a lutto, c'è una famiglia in silenzio. Martina è al centro delle loro preghiere e del loro dolore. Sta lì, con la sua camicina di seta leggera color cipria in attesa che vengano a rendere omaggio al suo sorriso, alla voglia di vivere e scherzare dei suoi sette anni. Era una bimba vivace, Martina.
Frequentava la prima elementare a Bitti e ogni giorno ne combinava una diversa. Qualche volta, raccontano i parenti, invertiva le scarpe, la destra al posto della sinistra, e saltellava per strada per far ridere lo zio che doveva riportarla a casa. Quando il tempo era bello, saliva in sella alla sua bici rosa e correva da una parte all'altra cantando le canzoni come le aveva insegnato papà. Babbu meu , lo chiamava di continuo. Di sera restava incantata davanti alla tivù a guardare i cartoni animati prima che mamma la mettesse a letto. Ora, invece, è lì, in mezzo alle lacrime degli adulti che lei ha sempre fatto sorridere. Amici e parenti che non sanno dare conforto a quei genitori distrutti.
IL PAESE Il rito delle visite a Onanì è iniziato sabato notte ed è andato avanti per tutto il giorno. I parenti più stretti, i vicini di casa, gli amici. Tra loro anche don Salvatore Goddi che ieri ha dedicato la messa delle 10 nella parrocchia del Sacro Cuore a quell'unica bimba nata in paese nel 2006.
Ieri Onanì era un paese fantasma. Le imposte chiuse lungo le strade deserte. All'ora di pranzo qualcuno si è affacciato oltre il vialetto della parrocchia per leggere i necrologi. L'inchiostro nero sullo sfondo bianco: poche parole per chiedere che, al posto dei fiori, il ricordo della bambina ispiri solo opere di bene.

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