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L'unione sarda. «Non sono un eroe In mare il problema è l'imprudenza»

ARBUS. Enrico Caria, 26 anni

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ARBUS «Non sono un eroe. Ho fatto solo il mio lavoro». Enrico Caria, 26 anni, originario di Pimentel, da un anno residente a Villacidro, che domenica a Piscinas, nella marina di Arbus, ha salvato la vita a dieci bagnanti, trova eccessiva l'eco mediatica.
«Il nostro compito è quello di soccorrere i bagnanti in difficoltà. Quello che ho fatto io l'hanno fatto tanti altri miei colleghi eppure non sono finiti sulle pagine dei giornali o nei telegiornali. E forse lo meritavano più di me», aggiunge. Parla con voce sommessa e lo sguardo fisso verso le onde, non certo impetuose come quelle di domenica ma che ancora si infrangono con violenza sulla battigia. Sulla sua postazione sventolano ancora le due bandierine rosse in segno di pericolo. Alle sue spalle la tavola da surf. «Il vero eroe è questa qua», fa notare indicandola, «senza non sarei riuscito a salvare neanche un bagnante. Eppoi un grosso aiuto nei primi quattro salvataggi me l'ha dato il mio amico surfista Fabio Zedda di Uta che con la sua tavola ha portato a riva le persone che avevo appena soccorso».
Enrico Caria, diplomato al liceo artistico di Cagliari, è alla ricerca di un posto di lavoro che non è facile trovare. Nel 2011 ha frequentato il corso di bagnino a Cagliari. Quest'estate fa parte dell'organico dell'Associazione Salvataggio Cagliari Onlus che, lungo i 47 chilometri di costa arburese, con il supporto dell'Avpc Arbus, si occupa del servizio di salvamento a mare, coordinato dalla Protezione civile.
Quando parla guarda dritto negli occhi il suo interlocutore. «Purtroppo sono tanti i bagnanti sprovveduti che non si rendono conto del pericolo e si tuffano mettendo a repentaglio la loro vita e quella dei soccorritori», sostiene Enrico Caria. Quando soffia il maestrale, lungo i quarantasette chilometri di costa arburese si formano correnti di risacca che portano al largo e questo accade in particolare a Piscinas, dove il mare è più aperto. «Ogni giorno faccio opera di prevenzione», aggiunge, «parlo con i bagnanti. Ricordo loro quali pericoli si corrono quando si agisce con imprudenza. Ma mi rendo conto che niente cambierà, né domani né fra un anno. Il problema non è il mare ma la gente incosciente. Bisognerebbe multare chi non rispetta il divieto di balneazione». Ferragosto è alle porte. Tutti al mare con un occhio di riguardo in più verso le onde.
Gian Paolo Pusceddu

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