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L'unione sarda. Difende la legge anti-gay ma poi ritratta: «Fraintesa»

Le dichiarazioni dell'atleta russa all'origine del caso

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MOSCA Tutto è cominciato nel pomeriggio di Ferragosto. Due giorni prima Yelena Isinbayeva aveva vinto il terzo titolo mondiale di salto con l'asta a Mosca, davanti al suo pubblico. Ed era l'ultima gara di una carriera strepitosa (caratterizzata da 28 record del mondo) prima di una pausa per sposarsi con un fidanzato ancora top secret e diventare mamma.
In conferenza stampa i giornalisti si sono soffermati sulla legge anti-gay promulgata dal governo russo, criticata pubblicamente dall'atleta svedese Emma Green che, in segno di protesta, si era presentata in gara con le unghie dipinte coi colori dell'arcobaleno. E la campionessa russa ha risposto: «Forse siamo un popolo diverso da quello di altri paesi ma abbiamo le nostre leggi e vogliamo che gli altri le rispettino, perché noi all'estero lo facciamo. Ci consideriamo gente normale, viviamo ragazzi con le donne, e le ragazze con gli uomini. Questo deriva dalla storia. La protesta della Green è una mancanza di rispetto a noi russi. Sono contro ogni ipotesi di boicottaggio per i prossimi Giochi invernali di Sochi, e mi dispiace che sia nata una polemica nella quale gli atleti non dovevano essere trascinati: noi non impediamo agli atleti di partecipare ai Giochi, anche se hanno relazioni non tradizionali».
La legge approvata a giugno in Russia vieta diffusione, promozione e pubblicità dell'omosessualità. Questo aveva provocato la protesta di diversi atleti e una richiesta di chiarimenti da parte del Cio, il comitato olimpico internazionale.
Immediata la valanga di polemiche così, il giorno dopo, la campionessa è stata costretta a far marcia indietro: con un comunicato ha detto di essere stata fraintesa nella conferenza stampa in lingua inglese e ha dichiarato di essere contro qualsiasi «discriminazione» contro gli omosessuali. «Lasciatemi dire nel modo più forte che sono contro qualsiasi discriminazione verso gli omosessuali che si basi sulla loro sessualità (cosa contraria alla Carta olimpica). L'inglese non è la mia prima lingua e credo di poter essere stata capita male quando mi sono espressa ieri. Ciò che volevo dire è che la gente deve rispettare le leggi degli altri Paesi, in particolare quando è invitata, ha proseguito, aggiungendo di «rispettare le vedute di tutti i miei colleghi atleti».
A guidare la protesta degli atleti era stato l'ottocentista americano Nick Symmonds che aveva lanciato la campagna in un blog del magazine Runner's world e dedicato il proprio argento a tutti gli amici gay. Poi erano arrivate le unghie arcobaleno della Green-Tregaro e di Moa Hjelmer.

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