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L'unione sarda. Post violento: si dimette

Dopo la frase terribile rivolta alla campionessa Isinbayeva Gianluigi Piras abbandona il Comune e la direzione regionale Pd

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JERZU Alle 11 del mattino Gianluigi Piras da Jerzu, 35 anni, Pd, consulente per programmi comunitari, veste il cilicio del penitente dopo una lunga notte passata alla gogna del web. Un cambio di foto sul profilo Facebook (sguardo malinconico stile autunno alle porte) è il preludio alle scuse plenarie, accompagnate da irrevocabili dimissioni dal partito e da ogni incarico: consigliere comunale a Jerzu, presidente Forum regionale Pd sui diritti, direzione regionale Pd, cordinamento Anci giovane, coordinamento Prossima Italia. Cosa è accaduto?
Diciassette ore prima Piras lanciava la sua pietra virtuale all'indirizzo della campionessa di salto con l'asta Elena Gadžievna Isinbayeva, 31 anni, orgoglio di tutte le Russie, fresca di medaglia ai mondiali di Mosca. L'atleta aveva definito gli omosessuali “persone non normali”. Salvo smentire poco dopo dicendo di essere stata fraintesa, colpa di un inglese non perfetto. Il tutto senza perdere una goccia di popolarità. Ben diverso sarà il destino dell'incauto Piras.
LA STORIA Nella tarda serata del 16 agosto, sulla sua bacheca Facebook, illuminata dalla benevola immagine del ministro Cecile Kyenge, l'allora sconosciuto consigliere scrive: «Isimbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari ci ripenso. Magari mi fraintendono». In poche ore il social network tritura il Piras-pensiero, distilla la puzza terribile di parole avventate in commenti al vetriolo. La polemica diventa notizia, in un crescendo di titoli e prese di posizione. Strumentalizzate da quei network che offrono visibilità ma non perdonano errori. I compagni Pd sono i primi ad affondare i colpi. Poco prima delle 22 Francesca Baracciu scrive: «Le affermazioni dell'atleta russa sono disgustose ma il tuo post lo è altrettanto Gianluigi. Ti invito a chiedere pubblicamente scusa».
SUL WEB Due ore dopo Piras si affaccia per un istante alla finestra del web per annunciare: «Da diverse ore mi trovo in una zona senza connessione web. Domattina chiarirò quello che evidentemente è un grosso equivoco. Per ora mi scuso per una frase che prendo atto sia stata evidentemente recepita come violenta e inaudita». Troppo tardi. Il processo su Facebook prosegue senza alcuna giuria. Piras incassa insulti a profusione e tace. Per alcune ore nessuna reazione, il telefono è spento, il politico trincerato dietro parole di circostanza. Piras non è un brontosauro del web: conosce gioie e dolori dei media, della politica social, smart e easy: qualche giorno fa aveva stigmatizzato come “fatto gravissimo” la denuncia di un consigliere comunale di Jerzu per guida in stato di ebbrezza. Di lui sono conosciute le battaglie in difesa dei diritti degli omosessuali e contro ogni discriminazione. Ci mette la faccia sempre e comunque. Ma stavolta non basta.
LA DIFESA Alle 11,16 arriva un nuovo post, lungo e accorato. «Lo stupro è inaudita violenza. Ma il danno è enorme e quando si sbaglia, in politica come nella vita, c'è sempre un prezzo da pagare e io intendo pagare. A tal proposito e irrevocabilmente rassegno le dimissioni dai miei incarichi». La difesa è decisa. «Il paradosso da me utilizzato è da intendersi in questo senso: talmente sono gravi le affermazioni della Isinbayeva che, indirettamente e in virtù di quelle affermazioni, arriva a giustificare una legge tra le quali conseguenze registriamo casi di stupro di donne lesbiche e siccome a poco valgono, al fine di dimenticare la violenza di quella affermazioni, le successive dichiarazioni quali “Isinbayeva ci ripensa: sono stata fraintesa”, è come se io, paradossalmente, dichiarassi: “Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza». Piras sa che non basterà un «non mi avete capito», a cancellare quanto accaduto. In dodici ore sale alla ribalta delle cronache nazionali con una frase ed esce di scena (forse) con un post in cui chiede ancora scusa e si dice pronto ad accettare le decisioni del partito su un'eventuale espulsione e le conseguenze, anche legali, delle sue parole contro le donne che si siano sentite offese. E la Isimbayeva? Non ha commentato.
Simone Loi

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