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L'unione sarda. «Burocrazia, il nostro nemico»

Alberto Scanu nuovo presidente degli industriali sardi

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Emma Marcegaglia ha capito soltanto alla fine del suo mandato perché ci sono voluti cento anni per eleggere una donna alla guida di Confindustria («doveva gestire una crisi epocale»). Massimo Putzu, il più giovane presidente della storia di Confindustria Sardegna, ha chiuso il suo mandato ieri, consapevole di avere avuto un destino comune a quello della ex leader degli industriali italiani. E altrettanto arduo sarà il compito che attende Alberto Scanu, nuovo presidente degli industriali sardi, pur forte dell'esperienza maturata come numero uno dei giovani imprenditori e poi alla guida dell'Associazione della Sardegna meridionale.
IL NUOVO PRESIDENTE Da ieri Scanu, 45 anni, imprenditore del settore sanitario, dell'energia e delle costruzioni, ha una grossa responsabilità sulle spalle: contribuire a traghettare l'Isola fuori dall'emergenza. La crisi oggi ha raggiunto il suo apice «dopo anni e anni di scelte non fatte». La nomina di Scanu, infatti, arriva all'indomani della visita in Sardegna dei ministri Barca, Passera e del sottosegretario De Vincenti nel Sulcis, dove non sono mancate le tensioni e gli scontri in piazza tra lavoratori e forze dell'ordine. E se il ministro Barca ha affermato poi che questo è il risultato di scelte non fatte dalla classe politica, Scanu si insedia alla guida degli industriali sardi, confermando questo giudizio e affermando con forza «che oggi è il momento delle scelte». Quello che è accaduto nel Sulcis nei giorni scorsi, ha spiegato Scanu, «non è un bel biglietto da visita per gli investitori internazionali e per chi vive dall'altra parte del mondo». Detto questo, il progetto di Scanu è ambizioso, tocca tanti aspetti dei rapporti tra impresa e mondo politico, ma parte da alcuni punti fermi. Intanto, il Piano Sulcis, «sul quale abbiamo espresso un parere positivo: ci sembra mostri un buon approccio al problema», perché il polo industriale di quella parte dell'Isola «non è morto», ma non c'è tempo da perdere, bisogna rianimarlo in fretta. «I problemi non risolti in passato, per esempio sul gas, sono quelli che oggi stanno decretando la fine del polo dell'alluminio», ha spiegato il neo presidente di Confindustria Sardegna, per il quale «la madre di tutte le riforme è la semplificazione».
LOTTA ALLA BUROCRAZIA Il progetto che Alberto Scanu presenta ai giornalisti nel suo primo discorso da presidente degli industriali sardi spazia su numerosi settori che possono rappresentare un volano per la crescita economica della Sardegna: il turismo, «ma visto come un vero e proprio comparto industriale», la valorizzazione dell'industria estrattiva e delle materie prime, il potenziamento delle infrastrutture, la cultura come strumento di crescita dell'intera Isola, per poi finire sui problemi atavici. Le infrastrutture e l'energia, questioni non slegate dalla guerra alla burocrazia, sono i due aspetti che fanno perdere il sonno al nuovo leader degli industriali. «Anche i sindaci oggi si sono resi conto che la burocrazia è il vero mostro che blocca lo sviluppo», afferma Scanu, «perché qualcuno che prima o poi trovi il modo di fermare un progetto di sviluppo, purtroppo, lo si incontra sempre». Il caso del Galsi, il progetto per la realizzazione del gasdotto tra Algeria e Sardegna, è emblematico: «Hanno rinviato la decisione per non dire chiaramente che è un progetto su un binario morto. Evidentemente le galline prataiole valgono più di un milione e mezzo di sardi», denuncia, «e senza gas le industrie manifatturiere non vanno da nessuna parte. Una soluzione va trovata: che sia un collegamento tra la Toscana e la Sardegna o un rigassificatore, ma il gas deve arrivare nell'Isola». E non ci arriverà mai se la burocrazia continua a stratificarsi: «Come ha detto Napolitano, servono leggi di due righe, e accorpamenti tra enti, per ridurre la spesa e snellire le procedure», conclude Scanu, «è uno stravolgimento epocale, ma va affrontato, perché quello che vediamo oggi, con una struttura mentale condizionata dalla burocrazia, porta alla paralisi».
Giuseppe Deiana

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