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L'unione sarda. Ganau, la sfida del sindaco

Dopo due mandati da primo cittadino di Sassari corre alle primarie. Per vincerle

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Gianfranco Ganau, dalla trincea di sindaco di Sassari al pantano delle primarie del centrosinistra. Quali sono i motivi della sua scelta?
«È proprio l'esperienza di sindaco che mi ha spinto a prendere questa decisione. Da amministratore di un ente locale ho capito quale sia la distanza tra le esigenze dei cittadini e le risposte che dà la Regione. Il centralismo regionale è un male ormai insopportabile».
E lei è convinto di essere capace, vincendo le primarie e poi le elezioni di febbraio, di cambiare qualcosa?
«Sì. Primo provvedimento: riformare la burocrazia regionale, definire alcune regole semplici, dare gli indirizzi e affidare la gestione agli enti locali. Secondo: semplificare il bilancio, individuare le risorse per le emergenze e intervenire subito per evitare gli sprechi della Sanità. Terzo: mettere lo sviluppo al centro delle politiche del lavoro. E quindi, lotta alla dispersione scolastica, migliore formazione universitaria, iniziative che incoraggino le imprese a operare in Sardegna. Chiudere la fase della monocultura industriale che è stata devastante per la nostra Isola e puntare su artigianato, turismo e agricoltura. Infine: energia e trasporti. Troppo cari l'una e gli altri. Ora basta».
Bel libro dei sogni, poi, il presidente appena eletto deve fare i conti con le nomine negli enti, i cda, il sottobosco, le clientele.
«È vero, sinora è sempre andata così. Deve cambiare. Guardi, tra gli scontenti della mia gestione a Sassari ci sono i miei parenti, perché anche chi avrebbe avuto i titoli per lavorare per il Comune è rimasto escluso. Una sorta di clientela al contrario».
Lodevole, però la magistratura sta ugualmente indagando sul suo operato.
«Non nascondo che dal punto di vista personale è una cosa terribile. La forza per andare avanti deriva dalla certezza di non aver commesso alcun illecito e dalla fiducia nei giudici che certificheranno la mia onestà».
Il problema sono i tempi, ma la sua vicenda giudiziaria non è un handicap per la sua corsa alla carica di governatore?
«Sì, lo è. Ma io ho la coscienza pulita e sento il dovere, oltre che il diritto, di continuare la mia attività».
Non ha parlato del tema del momento, la Zona franca.
«Sono d'accordo ma i tempi sono lunghi. Per intanto, puntiamo sulle zone franche doganali ed estendiamo la zona franca urbana stile Sulcis a tutto il territorio regionale».
Ammesso che lei vinca le primarie e che Cappellacci sia il candidato del centrodestra, quello della Zona franca sarà un tema di campagna elettorale.
«Nessun problema, ma credo che al centro della prossima campagna elettorale debba esserci la disastrosa gestione della Regione da parte del centrodestra».
Non che il Pd stia dando un grande esempio.
«Il mio partito deve smetterla di pensare a se stesso e guardare ai bisogni delle persone. Davanti alla porta del mio ufficio c'è la fila di cittadini che lasciano la cartella della Tares sulla scrivania dicendo: “Sindaco, io non ce la faccio a pagare. Mi dispiace”. E, si badi, non sono evasori ma persone perbene. Questo deve farci riflettere».
Mi pare che il suo partito, anziché riflettere, litighi su date, regole, arzigogoli e amenità del genere. Non trova tutto questo stucchevole?
«Più che stucchevole, sbagliato. Noi dobbiamo dare una prospettiva di speranza alla Sardegna e lo possiamo fare parlando di programmi».
C'è chi pensa che chi vince le primarie del centrosinistra sarà automaticamente il presidente della Regione.
«Errore madornale. Il centrodestra è in difficoltà, è vero, e presenta un pessimo bilancio agli elettori. Ma la sinistra deve essere credibile, seria, propositiva. E poi ci sono le variabili non prevedibili, per esempio il Movimento 5 Stelle. Non sappiamo se e con chi stringerà alleanze, ma potrebbe avere un impatto importante sulle elezioni».
È favorevole alla presentazione di altri candidati alle primarie anche oltre il termine già scaduto?
«Sì, anzi, più persone concorrono più c'è ricchezza di idee. Le primarie devono essere un momento di confronto e di rafforzamento della coalizione».
Al momento, la candidata più forte sembra Francesca Barracciu, che ha ricevuto l'appoggio di numerosi big del Pd, da Renato Soru a Piersandro Scano, da Benedetto Barranu a Salvatore Ladu. Lei da chi è sostenuto?
Oltre che sindaco di Sassari, sono presidente del Consiglio delle Autonomie, e sono stato invitato a presentarmi soprattutto dagli amministratori locali. Sanno che la distanza con la Regione è enorme e che solo una persona che ha la sensibilità di un amministratore locale può cambiare le cose».
Cosa ne pensa della nuova legge elettorale regionale?
«Non mi piace, perché si rischia l'ingovernabilità. Unica cosa positiva, l'abolizione del listino, uno sconcio che permetteva a un gruppo di persone di approdare in Consiglio regionale senza che fossero votate».
A proposito di governabilità, la sua maggioranza ha accusato più di un mal di pancia.
«È vero. In questo caso, la stella polare è il programma. Io sono stato eletto e rieletto dopo il primo mandato per il programma presentato e per le cose realizzate. Il programma comanda e domina su antipatie e esigenze personali».
Sarà interessante vederla alle prese con i 37 enti regionali.
«Li abolirei tutti. Vorrei fare un esempio. Ho ereditato l'Azienda trasporti pubblici di Sassari con un deficit di 2,7 milioni di euro. Ho azzerato i vertici e li ho sostituiti con manager scelti per la loro professionalità. Da tre anni l'Atp produce utili. Non si può dire lo stesso di Abbanoa, per cui la giunta Cappellacci ha gravissime responsabilità».
Ivan Paone

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