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L'unione sarda. Ucciso per le minacce «Matteo mi ha detto che aveva una pistola»

La versione dell'indagato davanti ai carabinieri di Isili

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Dal nostro inviato
ESCOLCA Seduto nella caserma di Gergei, circondato dai militari, l'ottantenne Ezio Murtas attende l'arrivo del pubblico ministero Alessandro Pili, che si occuperà dell'inchiesta sull'omicidio appena consumato, e del capitano Michele Cappa, comandante della Compagnia dei carabinieri di Isili. Pantaloni lunghi, maglietta e ciabatte, il pensionato si guarda intorno: è tranquillo, non piange, non recrimina. È consapevole di quanto accaduto. Ha ammazzato il figlio ma apparentemente non prova emozioni. Poi, davanti al magistrato, spiega perché all'ennesima richiesta di soldi, ha imbracciato il fucile e sparato: «Matteo mi ha minacciato, ha detto di avere una pistola».
L'ARMA Questa frase, oltre a quella pronunciata al telefono coi carabinieri e ribadita davanti al pm «venite a prendermi, ho ucciso mio figlio», è stata l'unica affermazione del pensionato. Una sorta di “dichiarazione spontanea” in attesa dell'interrogatorio vero e proprio, da svolgersi in presenza dell'avvocato difensore Gennaro Di Michele. Il legale, il cui nome è stato fatto espressamente dal settantanovenne, è stato rintracciato a metà sera, mentre l'arresto è arrivato formalmente intorno alle 14. Subito dopo sono cominciate le ricerche dell'arma di cui la vittima avrebbe vantato il possesso: gli uomini del Reparto operativo hanno isolato l'abitazione, al secondo livello di una palazzina che al piano terra ospita una banca, e passato al setaccio tutte le stanze nella speranza di trovare la pistola, della quale però al momento non si è vista traccia. In compenso sono stati recuperati alcuni grammi di eroina e metadone. Nel frattempo i colleghi della Compagnia e della stazione di Gergei hanno prelevato tutti gli oggetti ritenuti utile alle indagini, fotografato ogni centimetro quadrato dell'appartamento e ricostruito gli ultimi anni di coesistenza tra genitori e figlio.
I PRECEDENTI Matteo Murgia si è diplomato geometra ma non ha mai esercitato quella professione. Disoccupato di lungo corso, in passato ha avuto problemi con le forze dell'ordine: arrestato una prima volta nel 2009 per resistenza a pubblico ufficiale, ha fatto il bis nel 2011 per spaccio di sostanze stupefacenti. Poca roba, dieci grammi di hascisc e mezzo grammo di eroina che, secondo i carabinieri della Compagnia di Dolianova, l'allora 37enne stava vendendo ad alcuni clienti a bordo di un autobus di linea a Monastir. Disavventure cui aveva dovuto aggiungere alcune denunce per furto e ricettazione. Nell'ultimo periodo stava lavorando come operaio in alcuni cantieri comunali, quindi in teoria aveva anche a disposizione una piccola disponibilità economica. Allora perché tutte quelle insistenti richieste di denaro ai genitori?
«LITIGAVAMO SEMPRE» L'ipotesi investigativa iniziale, tutta da approfondire, è che i soldi servissero a comprare proprio la droga. Si sa che il quarantenne ogni domenica andava di primo mattino in corriera a Cagliari e faceva rientro intorno alle 13: che interessi aveva nel capoluogo? In passato aveva rifiutato la proposta del padre, prendere in gestione il bar di famiglia che un tempo si trovava al piano inferiore dove ora c'è l'istituto bancario. Da allora, hanno sottolineato Ezio Murtas e la moglie, i contrasti con lui erano continui ed erano frequenti anche le capatine della coppia in caserma per denunciare aggressioni verbali e insistenti pretese di denaro. «Litigavamo sempre», ha spiegato in lacrime Luisetta Anedda ai militari di Gergei. Da ieri le discussioni sono terminate.
An. M.

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